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Editoriali

L’involuzione della Fiorentina inizia a preoccupare, sia perché parte da lontano sia perché non pare esserci soluzione (né voglia di trovarla)

Commisso

La Fiorentina continua nel suo percorso di involuzione. Salvo imprevisti cambi di rotta da parte della società toccherà a tecnico e calciatori ritrovarsi

L’involuzione della Fiorentina continua inesorabile. Non solo per i risultati, che a volte potrebbero anche non rispecchiare valori e prestazioni ed essere frutto di situazioni contingenti, ma soprattutto nelle sensazioni che questa squadra trasmette, sia a livello di singoli che di collettivo. Il girone d’andata si chiude con soli 23 punti in classifica, che sembrano essere giusti per quanto espresso. Ed è questo ciò che preoccupa maggiormente. Se ad inizio stagione poteva reggere l’alibi del triplo impegno e della raffica di infortuni con cui ha dovuto convivere la formazione di Vincenzo Italiano, la pochezza tecnica e le difficoltà nell’esprimere qualcosa di apprezzabile visti nelle prime gare di questo 2023 lasciano solamente tanto sconforto. Tutto sommato i risultati non sono stati neanche deprecabili: vittoria col Sassuolo, pari col Monza, vittoria con la Samp in Coppa Italia e ko con la Roma, fino alla sconfitta col Torino. Ciò che preoccupa è come queste gare siano state giocate, tra tempi interi regalati agli avversari e caterve di errori, tra passaggi elementari sbagliati e le solite difficoltà nel trovare a volte il gol, altre anche solo il tiro in porta. Già nelle vittorie con Samp e Sassuolo erano suonati dei forti campanelli d’allarme, che non andavano ignorati, né dal comparto tecnico né da quello societario.

CORREGGERE. Può essere normale chiudere con 23 punti un girone d’andata che era iniziato con l’obiettivo di poter puntare addirittura alla Champions (per bocca di diversi protagonisti)? Chi ha costruito questa rosa, chi la allena e chi la paga, può ritenersi soddisfatto di quanto visto fin qui? Il finale di 2022, prima della sosta per il Mondiale, aveva visto la Fiorentina in crescita di risultati e prestazioni, tanto da far più volte ‘gongolare’ la società nell’aver preso alcune decisioni come la conferma di Amrabat e Kouame, o indurre Pradé a dire gli acquisti della Fiorentina a gennaio saranno Gonzalez, Sottil e Castrovilli, con la convinzione, dunque, che ci fosse poco e/o niente da correggere. Nel frattempo, da quell’amichevole ad Arezzo, Gonzalez ha giocato pochi scampoli di partita segnando un gol su rigore, Castrovilli si è subito dovuto rifermare (ci poteva stare dopo un infortunio così grave), mentre Sottil ancora non si vede. In più, Amrabat ha confermato di non essere un regista, ma questo lo si sapeva, mentre Kouame è tornato ad essere quel calciatore con dei limiti che aveva evidenziato un anno e mezzo fa. E gli attaccanti non segnano. La domanda sorge spontanea: è stata sbagliata la sessione estiva di mercato? Su questo sembrano esserci, ormai, pochi dubbi. L’altra domanda che ne consegue è: è stato sbagliato il non intervenire in maniera consistente sul mercato invernale (in conseguenza di quanto fatto in precedenza)? E se sì perché? Il “e che dovevamo fare di più?” detto da Pradè a fine estate, a mesi di distanza, ha tanto il sapore della beffa. La risposta pare essere chiara: la Fiorentina si è incartata, commettendo errori su errori, e cercando di correggerli ha commesso altri errori, così come pare un errore non aver voluto correggere a dovere in corso d’opera gli altri errori commessi.

FISCHI-CRITICHE. Dispiace sentire fischi e critiche? Capiamo, ma tant’è. Questa è la Fiorentina, questa è Firenze. Non si può pretendere che si festeggi o si resti impassibili quando la squadra non gioca, non diverte e non vince. Lo si può capire e perdonare, tanto che il pubblico viola non ha mai fatto mancare il proprio sostegno anche quando l’obiettivo è diventato restare in Serie A come nei primi due anni di gestione Commisso, ma a patto che dai propri errori si impari qualcosa. Non si può storcere il naso se la piazza non ha celebrato a dovere il settimo posto ottenuto l’anno scorso, perché arrivare settimi e in Europa dovrebbe essere la normalità o il minimo sindacale quando indossi la maglia della Fiorentina, ma quello doveva essere un punto di partenza, non il coronamento di chissà cosa. E invece, proprio in quei giorni, si è deciso di rinunciare a Torreira, Odriozola e puntare su Mandragora e Dodo, il tutto dopo aver ceduto Vlahovic a gennaio per sostituirlo con calciatori che, al pari di chi è arrivato in estate, non hanno reso a dovere. E sia chiaro, chi se ne frega dei Vlahovic, Torreira e Chiesa, piuttosto che di Odriozola. A Napoli nessuno si ricorda di Insigne, Mertens e Koulibaly, perché Kvaratskhelia, Kim e gli altri innesti hanno fatto 50 punti in un girone, mentre a Bergamo hanno dimenticato in fretta i Gomez, Ilicic e gli altri, con Hojlund e Lookman che da soli hanno segnato quasi quanto tutta la Fiorentina. Il punto, insomma, è uno e chiaro: va bene così? Anche il tecnico non è esente da responsabilità. Alcune delle ultime prestazioni sono state difficilmente commentabili, sia per intensità che per idee. La sconfitta contro il Torino fa ancor più male perché arrivata in un weekend in cui, improvvisamente, si era riaperta la speranza di poter raggiungere dal campionato una zona Europa che, in virtù della penalizzazione della Juventus, da chimera era passata ad essere a portata di mano. Ma, paradosso dei paradossi, se tra Fiorentina e Torino c’è stato qualcuno che ha dimostrato di voler salire in classifica è stato proprio l’undici di Juric.

COPPE. Adesso restano Coppa Italia e Conference League per la Fiorentina, oltre ad un girone di ritorno di Serie A in cui si dovrà invertire la rotta. Ma, per quanto si possa tacciare di pessimismo chi scrive, per quanto visto in queste ultime gare difficilmente potrà fare strada. A meno che la Fiorentina non si ritrovi. Come? Se la società non ha intenzione, o non ritiene opportuno intervenire sul mercato in maniera importante per correggere dei difetti che sembrano e sembravano evidenti, toccherà a squadra e tecnico. I fischi e i cori di disapprovazione del Franchi siano da sprone, piuttosto che un alibi.

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