Abbattuta l’ossessione delle plusvalenze. Spazio a scelte di calcio, e meno scelte ‘contabili’. Ma servirà pazienza
E’ stato piuttosto chiaro, ieri, il direttore sportivo della Fiorentina Daniele Pradé. Non c’è nessun ordine di fare tutto in nome delle plusvalenze. Che teoricamente sarebbe un concetto virtuoso, un merito, oltre che un premio al lavoro in ottica fair play finanziario. Anche se spesso abusato da qualche società come stabilito da sentenze e tribunali per chi ha già pagato, ma con altre operazioni già nel mirino di indagini da parte di altri organi che si occupano della finanza calcistica. Ma nell’ottica Fiorentina, spesso e volentieri, più che un circolo virtuoso, il meccanismo dell’andare per forza di cose a prendere un giovane, magari sponsorizzato da procuratori influenti, per sperare poi di rivenderlo a cifre superiori, negli ultimi tempi era diventata quasi un’ossessione.
Da qui la scelta di demolire il monte ingaggi e abbattere i costi fissi. Mai un parametro zero, una rigidità contabile troppo spesso limitativa per chi si trovava così costretto a fare operazioni di mercato sempre e solo in nome dei conti e dei bilanci. La linea tracciata è dunque completamente opposta. Lo ha fatto capire fin da subito Commisso, lo ha ribadito a chiare lettere anche Daniele Pradé. Che però sa benissimo che i bilanci contano. E per questo, prima di poter alzare il monte ingaggi, prendere anche qualche calciatore già pronto investendo più sugli emolumenti che sul cartellino, a differenza della gestione precedente, deve liberarsi di una zavorra immensa. Tecnica, ma anche economica. La valanga di esuberi da piazzare richiede una notevole scrematura, ed è la fase uno. Impossibile iniziare un mercato in entrata con 75 calciatori a bilancio.
Non è e non sarà più un’ossessione, come detto, la ricerca della plusvalenza. Per questo potrebbero arrivare meno calciatori dell’est, spesso presi solo per essere rivenduti, o giovani prospetti ancora acerbi solo in nome di scelte contabili. E sarà rinforzato il blocco italiano. Non per forza con calciatori italiani, ma che conoscano già il nostro campionato. E per farlo serviranno soldi. Perché è ben noto che fare operazioni all’interno del nostro mercato sia più oneroso rispetto a prendere gli Hancko, i Terzic, i Lafont e quant’altri.
Ma la scelta di spendere poco per oltre 75 giocatori, tenendo sempre bassi gli ingaggi con un occhio e mezzo rivolto alla rivendita ha forse pagato? O forse è meglio spendere la stessa cifra per prendere pochi ma buoni, magari con meno intransigenza sugli emolumenti? La strada, almeno a parole, è la seconda. Meno scelte contabili, più di calcio, insomma. E all’inizio in diversi altri club tireranno la Fiorentina per la giacchetta sparando prezzi folli, come i 30 milioni che chiede il Napoli per Inglese, o l’Udinese per De Paul. Per questo servirà pazienza. La linea è tracciata, adesso servirà portarla avanti. Perché in fondo anche Pantaleo Corvino, quando tornò, disse di essere ritornato alla Fiorentina per vincere. Ma poi sappiamo tutti come è andata.
Di
Gianluca Bigiotti