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L’insostenibile inconsistenza del gol. In 30 anni solo una volta è andata peggio

A VOLTE basta poco per spiegare una crisi. L’assioma, più o meno è il seguente. Se non vinci, non fai punti in classifica, se non segni, non vinci. Chiaro, no? Per capire come mai l’andamento dei viola sia così lento “basta” dare un’occhiata ai numeri. E in particolare a quelli dell’attacco. Dopo otto giornate, la Fiorentina, viaggia a ritmi da retrocessione. Certo, va recuperata la gara col Genoa, ma il dato resta inquietante: dal basso dei suoi sei gol fatti, quello viola, è il terzultimo attacco della Serie A. Soltanto Empoli (2 reti segnate) e Palermo (4 gol all’attivo ma con una gara da giocare, oggi, col Torino) hanno fatto peggio. Il piccolo e povero Crotone, per dire, vale gli stessi gol di Kalinic e compagnia.

Da anni, a Firenze, non si viveva una crisi d’astinenza del genere. Dal 2004/2005, in particolare. Anche allora, dopo otto giornate di campionato, la Fiorentina aveva segnato sei gol. Era, quella, la squadra del ritorno in Serie A dopo il fallimento, e in attacco c’era gente come Miccoli, Riganò, Portillo. Quella stagione, per la cronaca, finì con la salvezza (soffertissima) all’ultima giornata. Se poi si vuole trovare un dato peggiore rispetto a quello di oggi bisogna scorrere l’album dei ricordi fino alla stagione ‘86/’87. Bersellini in panchina, Antognoni, Baggio, Monelli e Ramon Diaz in campo. Quella squadra, dopo le prime otto gare di campionato, era ferma addirittura a quota quattro reti fatte. Traduzione: negli ultimi trent’anni, soltanto una volta si era vista una Fiorentina (dal punto di vista realizzativo) più scarsa di questa.

In casa, poi, il dato diventa se possibile ancora più negativo. Quattro partite giocate, e due reti fatte. Una al Chievo (Sanchez) e una alla Roma (Badelj). Stop. E gli attaccanti? Zero assoluto. Nemmeno il tanto invocato doppio centravanti è servito. Babacar e Kalinic in questo campionato non avevano mai giocato insieme dall’inizio, ma ieri si sono cercati poco e male. Baba, per esempio, non ha mai calciato in porta. «Stiamo lavorando per risolvere questo problema — ha detto ieri Paulo Sousa — cercando di migliorare sia nell’ultimo passaggio, soprattutto per quanto riguarda i cross». E poi ancora. «L’anno scorso riuscivamo molto spesso a sbloccare la gara nei primi minuti e in Serie A se non segni subito poi diventa molto difficile. In particolare contro certi avversari». Già. Il paragone con quanto accadeva un anno fa, di questi tempi, è impietoso. Ancora Paulino. «Nel secondo tempo abbiamo sbagliato due gol che l’anno scorso avremmo segnato». Il riferimento, va da se, è soprattutto a quel colpo di testa di Kalinic. A due passi dalla porta, col Franchi che già si preparava ad urlare. Invece no. Momentaccio, per il croato, inchiodato (in campionato) a quella rete segnata il 20 agosto scorso alla Juventus. Poi, se si esclude il gol al Qarabag, il nulla. Un’astinenza che con la partita di ieri, in Serie A, è arrivata a 493 minuti. Un’eternità. Per non parlare del rendimento tra le mura amiche. Nikola, in casa, non segna in una partita di campionato dal 24 aprile. Anche in quel caso l’avversario era la Juve ma, da quel momento, i tifosi viola non hanno più potuto gioire per una rete del numero 9. Come dire. La Fiorentina, in attacco, ha il volto del suo centravanti. Certo, ridurre tutto alle difficoltà offensive sarebbe riduttivo e probabilmente sbagliato, ma è questo il problema più serio. La difesa funziona, l’attacco no. «Abbiamo trovato ottimi automatismi difensivi, adesso speriamo di trovare anche quelli offensivi», ha sospirato ieri Corvino. Già. Il problema è che il tempo passa, le altre segnano (e quindi vincono) e la classifica si fa sempre più triste.

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