Chiamarlo progetto, percorso, o ciclo ormai fa poca differenza. La Fiorentina che esce dall’Europa e a fine febbraio si ritrova fuori da tutto, non può che portare ad una vera e propria rivoluzione totale a fine anno. Con una costante che si ripete nell’era Della Valle e Corvino: l’incapacità di fare e disfare programmando. Anche alla fine dell’era Prandelli non si capì che quella squadra era a fine corsa finché non si arrivò al rischio retrocessione. Per poi rivoluzionare tutto da zero con l’arrivo di Daniele Pradè. Idem oggi. Con la rivoluzione di fine anno che dovrà essere pressoché totale.
Finché non arriva a toccare il fondo, insomma, la dirigenza della Fiorentina non cambia. Pantaleo Corvino ha passato un’estate intera a difendere i cosiddetti pilastri, salvo poi rendersi conto che forse quella si è rivelata essere una strategia sbagliata. Anche perché se quei pilastri rimangono non propriamente volentieri la frittata è presto fatta. Vedi Badelj, che andava venduto o svenduto. Vedi anche il malumore di Borja Valero sul fronte rinnovo di contratto che gli era stato promesso dalla vecchia gestione e che Corvino non gli farà mai. Vedi Gonzalo Rodriguez. C’era poi chi ha provato ad ergersi a ruolo di leader, come Astori, ruolo che però Sousa non ha mai accettato. Vedi Ilicic, e Babacar. Che con Sousa il senegalese fosse destinato a non legare lo si era capito da tempo. Sia tatticamente che umanamente. Per non parlare di Zarate, gestito in maniera pessima.
Non servivano dieci innesti ai limiti dell’inutilità. Ma forse uno due di medio valore. Anche perché Sousa non si è mai dimostrato un ‘turnoverista’. Anzi. E quando ha provato a fare turnover gli esiti sono sempre stati disastrosi. ‘È tutto sbagliato, è tutto da rifare’ diceva Gino Bartali. Ma forse lo si poteva fare con programmazione ed in maniera graduale. Un po’ come fanno tutti. Magari cedendo un pezzo buono e inserendone due di medio valore. Come fa il Siviglia ogni anno ad esempio. Come fa perfino l’Atalanta. Ed invece, partito Alonso, sono arrivati Milic, Olivera, Cristoforo, Diks, Dragowski e tanti altri che non hanno mai visto il campo come Toledo, o che se l’hanno visto han fatto solo danni.
La sensazione è invece che, ancora una volta, si sia andati troppo in là. Un po’ come quando c’è da fare il cambio dell’olio. Ma si rimanda sempre al domani, ed alla fine si brucia il motore. Il danno è fatto. E adesso, all’orizzonte, si profila l’ennesimo ribaltone totale. Con buona pace di chi, da qui a fine stagione, dovrà sorbirsi un lento e probabile trascinarsi di tale situazione.

Di
Gianluca Bigiotti