
Robin Pronk, che ha lanciato il centrocampista marocchino nelle giovanili dell’Utrecht, in Olanda, parla dei primi passi del giocatore viola
Se la ricorderà a lungo, Sofyan Amrabat, quella chiacchierata del settembre 2013 nell’ufficio di Robin Pronk, tecnico dell’Utrecht Under-18. «Non c’era nulla da fare, era troppo pigro: guai a parlare di lavoro duro con lui. E quello che mi faceva arrabbiare era che, proprio perché si vedeva che madre natura gli aveva donato delle doti tecniche sopra la media, si sentiva anche la stella della squadra. Non ci pensai due volte: lo misi in panchina per tre partite». A raccontarlo, a distanza di nove anni, è lo stesso Pronk, oggi responsabile del settore giovanile dell’Utrecht e considerato tra i migliori talent-scout dei Paesi Bassi, scrive Il Corriere dello Sport – Stadio.
E poi, Pronk, cosa successe? «Successe che chiamai Amrabat nel mio ufficio e gli parlai chiaro: gli spiegai cosa volevo da lui e quali obiettivi pretendevo che raggiungesse. Gli mostrai alcuni video, tra i quali quelli con le giocate di Davy Klaassen, mio giocatore ad Amsterdam. Gli feci intendere che per diventare un top player non bastava allenarsi due ore e poi andare a casa. No, serviva di più. Magari anche restare fino alla sera tardi sul campo o in palestra».
E Sofyan recepì il messaggio? «Subito. Le basti sapere che da quel momento lo premiai con la fascia di capitano, che per tre anni non si è più tolto».
Dalla Premier ci sono almeno due club sulle sue tracce: Tottenham e Liverpool. «Per la fisicità che lo contraddistingue, credo che Amrabat in Inghilterra sarebbe in grado di performare ancora meglio rispetto alla Serie A. Però per comprarlo servono tanti soldi».
Quanti? «Non saprei davvero… sono un umile allenatore, non un esperto di finanza. Posso solo dire che se la Fiorentina lo ha pagato 20 milioni due anni fa e adesso Sofyan gioca il Mondiale… E sicuramente in Premier faranno la corsa per provare a prendere un giocatore così».

Di
Redazione LaViola.it