L’ex ministro alla Pubblica Istruzione ha parlato delle minacce via social: “Non tutti hanno le spalle forti per farsi scivolare addosso gli insulti”
L’ex ministro alla Pubblica Istruzione, Lucia Azzolina, ha parlato al QN degli insulti via social, citando poi anche il caso di Prandelli: «A causa delle minacce che ho ricevuto sul web sono sotto scorta. La mia libertà è limitata e la mia famiglia ne sta soffrendo molto. Mia sorella non riesce più a guardare i social per paura di trovare qualche commento che mi qualifica come una pornostar. Ci sono stati momenti in cui ho avuto paura».
C’è chi decide, dopo essere stato sommerso dagli insulti dei cosiddetti leoni da tastiera di lasciare i social; Prandelli ha fatto così… «Io penso sia meglio la querela. Perché dietro quelli che lei chiama leoni da tastiera ci sono spesso dei padri di famiglia, persone che mai immagineresti capaci di urlare in faccia ad una donna quello che poi invece scrivono sui social, in un propagarsi di risentimento che è il barometro, a mio parere, di un odio che cresce, tra le persone, verso quelli che, in qualche modo, sono ‘visibili’ o semplicemente passano per quelli che ‘ce l’hanno fatta’, specie se sono donne e allora l’insulto triplica».
C’è l’idea, molto diffusa, che il reato sul web resti di fatto impunito. «C’è l’idea, ma non è così. Casomai ci vuole tempo, ma le querele arrivano e fanno male. Perché poi la Polizia Postale identifica anche chi si cela dietro un profilo anonimo. E la punizione arriva».
Senza ‘vergogna pubblica’, quindi conta di meno… «Vero anche questo. Perché quello che manca è la cultura del rispetto dell’altro, delle opinioni dell’altro. Ecco perché, quando ero ministra, ho preteso che dentro Educazione Civica ci fosse anche la ‘media education’, ovvero l’insegnamento della buona educazione e del rispetto nell’uso dei media, ma quello che manca soprattutto è la consapevolezza del male che si fa con delle critiche gratuite e feroci; non tutti hanno le spalle forti per farsi scivolare addosso gli insulti. Credo che per prima la politica dovrebbe bandire il linguaggio violento. E non solo sui social».
Che messaggio si sente di lanciare, da vittima? «Il virtuale è reale. La violenza verbale via web fa più male di un insulto urlato in faccia, crea ansia, angoscia, sensazioni di fragilità e depressione in chi la subisce. Bisogna reagire: denunciare da un lato, educare dall’altro. Far sentire una persona in pericolo di vita è di inaudita ferocia. Il male torna indietro, resta a chi lo fa».
Di
Redazione LaViola.it