Bocciata lunedì la proposta dei vertici del massimo campionato, c’è aria di separazione ma difficile seguire la strada della Premier
Il Consiglio Federale di lunedì non solo ha determinato una spaccatura tra la Figc e la serie A, ma potrebbe aver dato il là a nuovi propositi separatisti. Diversi club, infatti, hanno cominciato a invocare il modello inglese. L’esempio è la Premier League, che dal 1992 si è staccata dall’FA per garantirsi una quasi totale autonomia. Quasi perché la Federazione ha ancora diritto di veto. Per la verità non si tratta di un’idea completamente nuova dalle parti di via Rosellini. Anche in passato avevano cominciato a soffiare lo stesso tipo di “venti”, poi spenti però dal fatto che la serie A ha già troppe divisioni interne per pensare di rendersi indipendente. Non a caso, nella giornata di ieri, a Gravina sono arrivati diversi attestati di stima da parte di alcune società che non condividono un certo tipo di posizioni. Inoltre, per creare una Premier League italiana ci vorrebbe un altro modello di governance, con un manager alla guida che abbia pieni poteri e che quindi non dipenda per tutte le decisioni dall’Assemblea e dai club, come accade ora. Insomma, nel caso, il percorso sarebbe lungo, scrive Il Corriere dello Sport.
SEMPRE IN MINORANZA. Un risultato più immediato, semmai, sarebbe quello di ottenere un peso maggiore all’interno del Consiglio Federale. La serie A, infatti, conta per 3 voti su 21. Significa che è facilissimo metterla in minoranza, come è puntualmente accaduto lunedì scorso, quando Dal Pino, Marotta e Lotito si sono trovati davanti un muro di 18 voti contrari. Anche questa non è una materia del tutto inedita. Essendo il motore del sistema e portando la stragrande maggioranza delle risorse, che poi in parte vengono pure distribuite alle altre categorie, la serie A vorrebbe poter difendere con più forza i propri interessi, invece di soggiacere davanti a quelli degli altri. Tuttavia, la sensazione è che il tentativo di forzare la mano, cancellando le retrocessioni, non sia stato il modo migliore per portare avanti una simile istanza. Il pericolo, insomma, è quello di avere innescato un meccanismo di provocazioni e ripicche che, invece, di agevolare una fase di riforme e ristrutturazione, possa nuovamente far aggrovigliare tutto.
PROPRIO CANDIDATO. Quel che è certo è che per una parte dei club di serie A ora Gravina è ritenuto un “nemico”. Già non era stato apprezzato il suo attivismo nell’ottenere la ripresa del campionato e il ruolo di paladino di questa battaglia. Ma ora che è caduto anche il piano di cancellare le retrocessioni e che sono stati introdotti i play-off come piano B in caso di nuovo stop del campionato, il presidente è finito definitivamente nel mirino. Inevitabile immaginare che Gravina non avrà l’appoggio del massimo campionato per le elezioni che si terranno il prossimo anno. La Serie A potrebbe muoversi per proporre un suo candidato, anche se sarebbe complicato raccogliere i voti delle altre componenti per ottenerne l’elezione.
Di
Redazione LaViola.it