Le tappe di un addio lungo oltre un anno. Chiesa va alla Juventus, alle sue condizioni e alle condizioni dei bianconeri. E all’ultimo giorno di mercato
Un addio lungo oltre un anno e mezzo. Federico Chiesa lascerà la Fiorentina per legarsi alla Juventus. Unico club nel quale voleva andare, portando in dote alle casse gigliate quasi 60 milioni di euro complessivi. La telenovela finisce con l’happy ending per il calciatore e per la Juventus che ottiene il suo obiettivo alle proprie condizioni di trasferimento mentre lascia aloni di perplessità sull’operato e sulla gestione del ‘caso Chiesa’ da parte della dirigenza viola.
IL PRECEDENTE ACCORDO E RAMADANI. Che Chiesa volesse la Juventus lo sapevano anche i muri ormai. Quel principio d’accordo che c’era stato tra il club bianconero e l’entourage di Chiesa prima ancora che arrivasse il passaggio di proprietà da Della Valle a Commisso è ormai cosa nota. Così come che l’allora ds avrebbe accettato soldi più Demiral e Spinazzola per il cartellino del classe 1997, con la regia dell’intermediario Fali Ramadani. Anche il resto è storia, perché non essendoci già preaccordi firmati o contratti depositati, Chiesa restava a tutti gli effetti un calciatore della Fiorentina. E così è stato.
‘NON SARA’ IL MIO BAGGIO’. Rocco Commisso non voleva privarsi pronti via del proprio calciatore più forte. “Non sarà il mio Baggio” disse presentandosi a Firenze. L’entourage di Chiesa si aspettava che gli accordi sulla parola presi con la precedente proprietà venissero, invece, rispettati dal nuovo proprietario e ds viola. Da lì è iniziato il grande gelo.
IL PULMINO SULL’HUDSON. Proprio in virtù di questo clima si è arrivati al famoso pulmino sull’Hudson, in America, quando Chiesa ebbe una crisi per il mancato via libera da parte della società al trasferimento alla Juventus costringendo Dainelli e Barone ad un fitto dialogo per convincerlo a far buon viso a cattiva (per lui) sorte. Con tanto di lacrime e volto segnato da parte di Chiesa all’uscita. Da lì il grande silenzio. Chiesa, per mesi, non ha più parlato né postato niente che riguardasse la Fiorentina per settimane.
LA PROMESSA AL BAMBINO DEL MEYER. Il gelo è diventato ancor più freddo quando Rocco Commisso, attraverso Joe Barone, rese pubblica quella promessa ad uno sfortunato bambino del Meyer che Chiesa non lo avrebbe venduto. Episodio, secondo l’entourage di Chiesa di cattivo gusto e facilmente strumentalizzabile per porre in cattiva luce il calciatore qualora avesse voluto ulteriormente spingere per cambiare aria.
MONTELLA E QUEL POCO SERENO. “Federico giocherà quando sarà sereno fisicamente e mentalmente” disse Montella dopo un’esclusione di Chiesa. Costretto poi a ritrattare, specificando che fosse un riferimento solo alla serenità mentale dovuta alla condizione fisica.
L’INCONTRO DI FINE 2019. Silenzi assoluti sono andati avanti per mesi. Nel frattempo dalla precedente proprietà e direzione sportiva continuavano a piovere smentite su accordi già sottoscritti per Chiesa alla Juve. Fino all’incontro tra babbo Enrico e Commisso in un hotel di Firenze a fine 2019. “Meeting molto positivo. Ci siamo visti per la prima volta con Enrico, è una bravissima persona e me lo ricordo da quando giocava. Come tutti i padri, vuole solo il bene di suo figlio. Hanno una grande famiglia. Le cose andranno meglio di come pensassi. L’incontro è stato positivo e vogliamo far giocare Federico ancora con la Fiorentina. Speriamo che intanto possa giocare nel prossimo weekend. Andiamo avanti così e non parliamo di futuro” disse lo stesso Commisso.
LOCKDOWN E RINNOVO. Da quell’incontro di inizio dicembre non è successo poi più niente. Le speranze di Commisso di far firmare a Chiesa un rinnovo alle cifre di Ribery per farne un simbolo della sua Fiorentina c’erano. Ma da parte sua, Chiesa e l’entourage, con la spinta di Ramadani, ha sempre avuto idee differenti. Dal post lockdown il timbro delle dichiarazioni di Commisso è virato drasticamente: “Chiesa rinnova? Non ne abbiamo parlato. Se vuole andare via può pure andare, a patto che ci portino i soldi che secondo noi vale”. Nel frattempo Chiesa ha sempre dato tutto in campo. Per la maglia della Fiorentina, o per sé stesso, poco importa. Fino alle offerte di questa estate.
ESTERO. La Premier ha bussato più volte alla scrivania della Fiorentina. E lo ha detto anche Commisso: “Ha rifiutato offerte provenienti dall’Inghilterra. Vediamo”. La volontà di Chiesa è sempre stata chiara. E la Fiorentina si è ritrovata a vendere il numero 25 agli ultimi giorni perché la Juve sapeva bene tutto ciò. Forte della volontà del calciatore, del contratto in scadenza tra due anni che non sarebbe mai stato rinnovato, e del fatto che Commisso ha capito che tenere un calciatore controvoglia non è producente. Oltre all’esigenza di rimettere a posto i conti dopo i 70 milioni spesi a gennaio e le perdite causa covid.
FASCIA. La fascia di capitano sul braccio in occasione di Fiorentina-Sampdoria, quella della Lega e non quella di Firenze e in memoria di Davide Astori, è stato un altro autogol della dirigenza viola. Qualunque fosse il motivo o da chiunque venisse la decisione è stato fatto deflagrare un caso ampiamente evitabile. Chiesa era già praticamente della Juventus, era tutto apparecchiato. Volontà dei club comprese.
GESTIONE TOTALMENTE SBAGLIATA. Poteva essere gestito tutto in modo differente. La Fiorentina un anno fa avrebbe sicuramente incassato di più. Ma mentre allora Commisso dimostrò pugno di ferro e schiena dritta, adesso si è dovuto piegare alle volontà del calciatore di cambiare aria e della Juventus nel farlo trasferire alle condizioni bianconere. E alle ultime ore di mercato, senza poter programmare granché, costringendo inoltre il tecnico a dover stravolgere tutto il lavoro fatto a livello tattico fin qui. E se qualcosa fosse andato storto? Il rischio che il passaggio alla Juve di Chiesa saltasse è stato concreto fino alle ultimissime ore. E come sarebbe potuto rimanere un giocatore che giusto pochi giorni prima del gong del calciomercato era stato ‘spogliato’ della fascia di capitano col nome di Davide Astori e con i simboli della città di Firenze dai suoi stessi tifosi?
Una serie di errori, insomma, che saranno destinati a far parlare e discutere ancora per diverso tempo. E non tanto perché la Fiorentina fa la cessione più ricca e onerosa di sempre, o per il valore tecnico della perdita, e neanche per la delusione di chi si aspettava di avere a che fare con un calciatore e un babbo di altri valori, ma per come tutto ciò è stato gestito dalla società.

Di
Gianluca Bigiotti