Il calcio prova a ripartire. Troppi soldi in ballo in un sistema che senza giocare collasserebbe. E Commisso alimenta il senso di famiglia viola
RIPARTIRE. Ormai lo hanno capito anche i muri. Il calcio non può non ripartire. A meno che…non si trovino altri positivi tra le squadre quando si riapriranno (seppur in modo parziale) i centri sportivi. E le difficoltà logistiche per provare a portare a termine la stagione sono enormi già sulla carta, sul come e dove giocare in primis. Ma il carrozzone deve ripartire. Troppi soldi in ballo. Sia per i club, che per l’indotto con migliaia di persone in bilico tra magazzinieri, medici sportivi, massaggiatori, staff, ed altre persone che non guadagnano certo come Cristiano Ronaldo, così come per lo Stato che dalla mancata conclusione della stagione rischia di perdere diverse centinaia di milioni di euro di entrate tributarie. E mentre migliaia di persone non possono neanche salutare un parente defunto, Gravina (Presidente FIGC) parla così: “Chi invoca lo stop del campionato non vuole bene al calcio né agli italiani’. Messaggio che si commenta da solo.
ENIGMA E RISCHIO POSITIVI. Inutile appellarsi al buon senso, o agli oltre ventimila morti che il coronavirus si è lasciato alle spalle in Italia. Numeri che purtroppo continuano ad aggiornarsi e continueranno a farlo ancora per diversi mesi. E sembrano ad oggi essere rimasti inascoltati i pareri di chi come Iachini ha evidenziato come un positivo al virus non possa sapere cosa lo attende alla ripresa di una attività agonistica. Controlli medici approfonditi, riduzione dei carichi di lavoro, e procedure rigorose sono già state stabilite. Ma sulle conseguenze è ancora tutto un grosso punto interrogativo. Pezzella, Cutrone e Vlahovic dovranno essere costantemente sotto osservazione. E non potranno comunque dare il loro contributo al cento per cento. Come? Quando? Non si può sapere. Il tutto in un tour de force ristretto con tre gare alla settimana a temperature quasi estive.
SISTEMA MALATO. Ripresa o no? Mentre tutti gli addetti ai lavori si affrettano a dire che senza tifosi non è calcio e che il campionato è falsato, è anche giusto evidenziare che il sistema calcio era già malato ancor prima dell’arrivo del covid-19. Certo quello che è successo era imprevedibile. Ma che qualcosa dovesse essere cambiato lo si sa da anni. E Rocco Commisso ci ha messo meno di un minuto a notare cosa già non funzionasse. Infrastrutture, burocrazia, economia dei club basata su diritti tv spartiti in modo non equo e plusvalenze. Oltre che mancanza di lungimiranza su entrate extra. Il tutto senza sottolineare che in Italia vince da anni sempre la stessa squadra. Ma questo è solo l’effetto delle cause sopracitate. La Juventus ha avuto il merito di saper far fruttare al massimo tutto ciò che Commisso non può fare nell’immediato per via di mille cavilli. Ma non è un caso se già era partito l’investimento multimilionario sul centro sportivo e da subito aveva iniziato la battaglia sullo stadio. Questa pandemia ha solo fatto emergere i proverbiali nodi al pettine. Ma chi ha il viola nel cuore può stare tranquillo.
ROCCO. Commisso, che continua a chiamare anche solo per sentire come stanno i calciatori viola alimentando un senso di famiglia che può modificare anche eventuali valutazioni sul futuro (Chiesa in primis), è mosso da una mentalità differente rispetto a chi ha fatto voragini economiche e si è basato su soldi ‘finti’ e plusvalenze per mettere a posto i bilanci. E che adesso piange miseria per scenari futuri che non potrà fronteggiare se non si torna in campo. L’occasione, comunque, per riformare tutto il mondo del pallone ci sarebbe. Anche grazie alle idee di chi come Commisso lo ha detto da subito: “Io voglio il bene del calcio italiano, non solo della mia Fiorentina”. Sarà ascoltato? Già martedì, quando i Presidenti di Serie A si ritroveranno in videoconferenza per dire la loro ne sapremo di più. Per l’oggi, e per il domani.

Di
Gianluca Bigiotti