CI VENGONO in mente i selfie, inaugurati lo scorso anno da Sousa al suo ingresso in campo per coinvolgere i tifosi delusi dall’addio di Montella. Con i riferimenti al passato ci fermiamo qui, perchè questa squadra non ha nulla di quella arrivata quinta l’anno scorso. Ma come? I dirigenti hanno tenuto tutti tranne Alonso, cos’è successo? Basta guardare i giocatori negli occhi, indagare sullo sguardo spento del loro allenatore, per avere molte spiegazioni. Nel calcio contano le motivazioni, e se nell’exploit dle girone di andata dell’anno scorso l’onda emotiva aveva accompagnato la squadra a livelli impensabili, piano piano è venuta a mancare, e la Fiorentina ha iniziato a planare verso posizioni in linea con la scorsa primavera.
IL FILM di quest’anno è il sequel del girone di ritorno: Sousa che ritrova a stento motivazioni accettabili per imporsi con i giocatori («L’allenatore non deve fare, deve convincere e fare» ricorda Julio Velasco), i giocatori che hanno annusato l’aria, sposando la politica del minimo sindacale. Fino ad ora la Fiorentina è stata la squadra del diminutivo a oltranza: ha giocato benino, a volte malino, racimolando un punticino alla volta. Ora è quattordicesima, lontanissima dall’idea di Europa e dalla fisionomia di squadra accettabile. Va malino (per tornare al diminutivo), non malissimo, a ritmi da mezza classifica. Non ci sono tracce di guizzi, di un’invenzione che possa cambiare la partita.Forse, non c’è più voglia di tutto questo.
LA FIORENTINA è così, e non ci vuole molto a pensare che le cose non cambieranno in modo radicale da qui alla fine del campionato. Una squadra malinconica, che vive nel ricordo di un girone di andata fantastico (l’anno scorso), anzi che vive solo di ricordi. Una Fiorentina così, non ha futuro.

Di
Redazione LaViola.it