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Rassegna Stampa

La Nazione: Fiorentina e quei gol nel finale che cambiano un campionato

Silvano Galassi

Dalle prodezze di Brizi e Sella che valsero la salvezza a Gilardino e la zampata nel tempio di Anfield Road contro il Liverpool

Penultima giornata di campionato, stagione 1970-71. Mazzola disse poi che non avrebbe volevo tirarla lì, anzi: «Avevo calciato verso il cielo, invece…». Invece la palla calciata dal nerazzurro coi baffi si conficcò nel sette alle spalle di uno sgomento Superchi: Inter 2, Fiorentina 1. E fu il dramma. Perché se i viola non avesse almeno pareggiato quella partita di campionato, il baratro della serie B era lì a un passo, pronto a inghiottire la Fiorentina, scrive La Nazione.

La clemenza dei forti, ovvero dell’Inter che aveva già vinto matematicamente lo scudetto lato la domenica precedente? Chissà! Fatto sta che sulla campanella del 90°, mentre l’arbitro era pronto a fischiare la fine, la difesa dei neo campioni d’Italia del 90° si aprì come le acque del Mar Rosso già avevano fatto con Mosè, e Brizi, lo stopper Giuseppe Brizi che prima di avventurarsi fuori dalla propria area doveva sempre chiedere la giustificazione a Oronzo Pugliese, per un colpo della sorte o per un preciso segno del destino si ritrovò lì, nell’area avversaria a due passi dal portiere interista Lido Vieri, a respingere una palla calciata precedentemente da Chiarugi e a gonfiare miracolosamente la rete: 2-2 e salvezza acciuffata all’ultimo secondo.

L’urlo chi si alzò da tutta Firenze a festeggiare la serie A mantenuta echeggia ancora fra i gradoni della Ferrovia, e chi lo ha vissuto di persona, se tende bene l’orecchio nei giorni di tramontana lo sente ancora. Magie del calcio. Magie di quei gol colti quando la partita sembra già consegnata al tramonto e invece un colpo, un guizzo, un lampo la riillumina di sole, restituendoci gioie fragorose come quella che domenica scorsa ci ha regalato Martello Milenkovic.

I gol inaspettati, colti all’ultimo assalto disponibile per questo portatori buoni di felicità fragranti e inaspettate. Come quella che alla penultima giornata del campionato 1977-78 a Pescara consentì anche stavolta ai viola di evitare la B. Per restare in serie A bisognava per forza vincere con gli abruzzesi ma a pochi attimi dalla fine la partita era ancora inchiodata sullo 0-0. Poco prima Antognoni aveva sbagliato un rigore clamoroso e la Fiorentina su quell’errore si era come pietrificata.

Così quando all’89° l’arbitro Casarin fischiò una punizione dal limite, nessuno volle andare su quella palla. «Vabbè, vorrà dire che ci vado io», sembra bofonchiare allora Giancarlo Galdiolo detto Badile per i piedi non proprio da ricamatrice. Il destino che aiuta gli audaci? Il tiro venne fuori sporco, goffo, destinato fuori. Ma nel suo procedere balzelloni verso la porta avversaria trovò lo stinco di Ezio Sella che ne corresse la traiettoria e lo destinò in rete. Anche qui l’eco dell’urlo che si levò da Firenze tutta sembra galleggiare ancora sulle onde dell’Adriatico.

Quell’urlo che, anni dopo, accompagnò il rientro negli spogliatoi di Alessio Tendi

Era il 13 aprile del 1980 e il Cagliari al Comunale era in vantaggio grazie a Piras, che aveva approfittato di uno svarione difensivo «e Galli, mister bermuda e guantoni gialli, era rimasto di stucco», secondo la cronaca di Marcello Giannini. Ma al secondo minuto di recupero Alessio Tendi, terzino metallurgico, trovò l’equilibrio dentro l’area per farsi funambolo e piazzare il destro nel sette della porta rossoblù. Gol. E che gol. Simile per tempismo al colpo che Borgonovo piazzò all’ultimo minuto contro la Juve nel gennaio del 1989. La gara era sull’1-1. La Fiorentina, dopo aver preso un gol di testa da mini Barros aveva pareggiato su rigore con Baggio.

Sembrava pari scritto e invece all’89° su calcio d’angolo del divin codino, Battistini la spizza e Borgogol la corregge in rete. Chi ha suggerito a Celentano che l’emozione non ha voce non era lì quel giorno. Urlammo, quel giorno. E urlammo anche nel marzo del 2008 a Torino, quando al 92° su un cross di Papa Waigo il rocker Osvaldo anticipò Legrottaglie e di testa batté Buffon, schitarrando il definitivo 3 a 2 sulla Juve. Brividi ed emozioni.

Un po’ come quelli che vivemmo l’anno successivo, dicembre 2009, nel tempio laico di Anfield Road. Allora, quando la partita di coppa Campioni con il Liverpool sembrava destinata all’1-1, l’uomo-locomotiva Vargas strappò di forza un pallone dai piedi di Darby e la mise in mezzo, dove Gilardino fece ciò che gli riusciva meglio, ovvero il rapace d’area, spiazzando cavalieri e consegnando alla Fiorentina una vittoria storica: 2-1 sul campo del Liverpool.

Sembra un secolo fa ma chi tifa Fiorentina sa bene che prima o poi torneremo a quelle emozioni e a quelle partire. E chi non lo crede possibile, chi antepone la logica al sogno, allora significa che è un cuore viola pallido.

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