La lunga, dolorosa, difficile, giornata del presidente della Fiorentina nel giorno dell’ultimo saluto al suo braccio destro
Sguardo basso, con sé un trolley e poche ore di sonno. È un Rocco Commisso visibilmente scosso, trasfigurato in volto dal dolore e dalla pesantezza delle ultime settantadue ore, quello che si è presentato ieri alle 6.30 del mattino all’aeroporto di Peretola per l’ultimo saluto all’amico Joe Barone. Scrive il Corriere dello Sport-Stadio.
IL DISCORSO
Mancava da Firenze da inizio novembre, dal post Fiorentina-Juventus. Quattro mesi dopo, al suo ritorno in Italia Commisso sembra aver messo da parte i sorrisi e l’energia che lo hanno contraddistinto in questi cinque anni di gestione. Adesso, per lui e per tutta la Fiorentina, è il momento del dolore e del ricordo di una figura a cui il patron viola era legato a doppio filo.
Per questo, il viaggio che da New York lo ha portato a Firenze nella nottata di martedì, non è solo una visita di un presidente andato a salutare per l’ultima volta un suo “dipendente”. Lo si capisce i gesti d’affetto che i presenti al Viola Park gli regalano come si farebbe a un padre che ha appena perso un figlio. Tornato dopo quattro mesi nel nuovo centro sportivo da lui voluto e realizzato proprio insieme a Barone, Commisso non ha trattenuto le lacrime alla vista della camera ardente allestita a pochi passi dalla cappella del Viola Park.
Non lo ha fatto neanche quando, intorno alle due del pomeriggio, con voce spezzata, ha preso la parola accanto al feretro: «Senza di lui il Viola Park non sarebbe mai esistito» ha affermato ai presenti. «Io e Joe sentivamo almeno due volte al giorno, anche nella giornata in cui si è sentito male. Ricordatevi sempre di lui».
Di
Redazione LaViola.it