Per il Milan, senza Ibrahimovic, è tutto facile. La Fiorentina deve ritrovare la ‘fame’ di fare punti
Si dirà che in fondo non era sul campo della capolista che si dovevano per forza ottenere i punti per risollevare la classifica. E alla fine come concetto ci può stare, anche se il Milan sfidato a domicilio era privo di Ibrahimovic ma anche di Castillejo e Bennacer: tre titolari, tra cui il fuoriclasse e capocannoniere del campionato. Più Leao. Ma la Fiorentina esce da San Siro comunque con la solita impressione di impalpabilità registrata spesso negli ultimi tempi. Senza aver neanche dato troppo fastidio agli avversari. Sì, i rossoneri hanno fatto gol su due palle inattive (dormita generale sulla difesa a zona sul gol di Romagnoli, generoso regalo di Pezzella e del posizionamento disastroso dei compagni sul rigore poi trasformato da Kessie) e i viola hanno avuto due ghiotte occasioni sul palo di Vlahovic e sull’occasione fallita da Ribery a tu per tu con Donnarumma, ma è anche vero che la squadra di Pioli-Bonera poteva anche dilagare prima sul penalty parato da Dragowski sempre a Kessie, poi sul palo di Calhanoglu. Ma anche in diverse altre ripartenze.
PENSARE A SALVARSI. Senza considerare il fatto che nella ripresa il Milan ha potuto gestire la vittoria senza affanni. Tre punti ottenuti in maniera piuttosto facile. Insomma, la Fiorentina è partita forte, sì, ha anche avuto una buona reazione dopo il primo gol, ma dopo il 2-0 ha fatto veramente poco per riprendere in mano la partita. Poche idee davanti, e ormai questa è diventata una normalità, e poco spirito di una squadra che dovrebbe iniziare a pensare seriamente a salvarsi. “Intanto vediamo di fare in fretta 40 punti”, aveva detto in modo chiaro Prandelli alla vigilia. La mentalità dovrà essere concretamente questa, da ora in avanti.
LA CLASSIFICA FA PAURA. Perché la classifica fa paura. E non poco. Sedicesimo posto con 8 punti in 9 partite, solo quattro squadre alle spalle che potrebbero anche diventare meno visto che si devono ancora giocare Genoa-Parma (rispettivamente a 5 e 6 punti) e Torino-Samp (granata a 5 punti) nel completamento della giornata. Una situazione delicatissima, con Fiorentina-Genoa di lunedì prossimo al Franchi che sarà quasi un dentro o fuori. Riuscire a tirarsi fuori dalla zona caldissima di classifica, o naufragare. Con la prospettiva di dover affrontare poi Atalanta (fuori), Sassuolo (casa), Verona (casa) e Juve (fuori) nel percorso che porterà a Natale. Avversarie parecchio complicate per questa Fiorentina.
ATTACCO A SECCO. Neanche il fascino di San Siro, stavolta, è riuscito ad accendere la luce di una squadra per gran parte spenta. Laddove invece da Ribery a Castrovilli, ma non solo, erano riusciti ad esaltarsi anche nei momenti più difficili. Per non ritornare addirittura alla clamorosa vittoria di 8 anni fa firmata Jovetic-Amauri, in piena rincorsa salvezza. Tanti i problemi di questa Fiorentina, di natura psicologica ma non solo. Gli errori dei singoli e di squadra in difesa, un Ribery che fatica ad esprimersi ai suoi livelli, la pochezza dell’attacco, un centrocampo che non produce palle interessanti. E una generale convinzione che per prima cosa si debba ricreare il senso di squadra. Di gruppo. I viola non segnano in campionato da 426 minuti compresi i recuperi (4 partite e mezzo). Mentre considerando la Coppa è stato fatto solo un gol (quello di Montiel – oggi in tribuna – ai supplementari a Udine) negli ultimi 610′. Numeri che parlano chiaro.
LA PEGGIOR FIORENTINA. Così come quelli che raccontano come questa sia la peggior Fiorentina degli ultimi 25 anni in Serie A. Da quando cioè sono stati introdotti i 3 punti a vittoria (’94/’95). Mai prima d’ora i viola avevano racimolato appena 8 punti nelle prime 9 giornate. Lo scorso anno i punti erano stati 12, nel biennio Pioli 13 e 14, con Sousa 18 e 12, nel primo triennio Montella 15, 18 e 13. Meglio aveva fatto anche Mihajlovic: 9 punti nel suo primo anno, 10 nel secondo (quando in realtà nelle prime 9 gare giocate furono 12 i punti fatti, perché la prima giornata fu recuperata a dicembre). Ma anche Mondonico-Buso nel 2004-2005, l’anno del ritorno in Serie A, con 13 punti in 9 giornate. Così come nell’anno del fallimento, il 2001-2002, quando con Mancini furono 11 i punti dopo 9 gare. Meglio anche negli anni con Terim (11), Trapattoni (18 e 10), Malesani (12) e Ranieri (18, 18 e 12 nei tre anni in A). Impietoso il confronto con il primo ciclo Prandelli: 19, 15, 17, 17 e 15 punti. Con squadre che, tra l’altro, avevano spesso anche le coppe europee. Un altro vantaggio, rispetto a tante medio-grandi in difficoltà, non sfruttato da questa Fiorentina, ritrovatasi invece incartata su sé stessa, un’altra volta a rincorrere la salvezza. Con un gruppo che deve ritrovare (urgentemente) la ‘fame’ di fare punti.
Di
Marco Pecorini