Si studia come far ripartire il calcio. Il danno economico è enorme. E c’è un modello, quello Rocco Commisso, che potrebbe dare nuova vita al pallone italiano
I danni economici patiti dal mondo del pallone ci sono e sono enormi. In un momento in cui medici, infermieri, ospedali, ed economia sono al collasso, sia delle forze fisiche che a livello finanziario, è chiaro che questo non può essere prioritario per chi è chiuso in casa e per chi deve provare a mandare avanti il nostro paese. Ma l’argomento andrà affrontato. Perché ormai, piaccia o meno, il calcio è un’industria che muove milioni e milioni di euro nel nostro paese.
TAGLI. 730 milioni di euro, secondo gli addetti ai lavori e specialisti del settore. Lo stop del campionato, tra diritti tv, stadi, spese e quant’altro ha provocato tale danno ai club della nostra Serie A. E non solo. Perché anche tutte le categorie minori sono al collasso. E i tagli agli ingaggi al vaglio dei club non basteranno di certo. Anche per questo la Lega spinge per ripartire. Ma con la tutela della salute di tutti come priorità. Non verranno fatte richieste di fondi al Governo, tengono a precisare i vertici della Lega e della FIGC. In un momento così delicato apparirebbe più che immorale quando mancano mascherine, medici, infermieri, e cittadini innocenti continuano a cadere sotto i colpi di questo maledetto virus. Ma qualcosa di concreto serve anche per evitare il collasso del pallone.
MODELLO ROCCO Introiti tv da spartire più equamente, aumentare la ricerca di fondi per il pallone dalle tv e non solo, l’apertura del calcio italiano in altri continenti. Rocco Commisso si è battuto da subito per queste tematiche. Aumentare i ricavi è infatti l’unico modo possibile per andare oltre i paletti del fair play finanziario e rendere il calcio italiano più competitivo con le big d’Europa. E adesso, con l’enorme crisi che attanaglierà tutto il mondo del calcio, l’occasione è ghiotta per mettere in pratica nuovi modelli che possano permettere ai nostri club di ripartire più in fretta. E meglio.
SOLDI, NORME E STADI. Aprire uffici a New York ma non solo. Ovviamente quando tutto il caos coronavirus sarà stato superato. Aumentare i modi di diffondere il nostro calcio e rendere il ‘prodotto’ più fruibile. Solo così potrebbero entrare più soldi nelle casse dei club da poter reinvestire. E “se in Italia vince sempre la Juventus, non è una cosa positiva per il calcio italiano”. Lo disse subito Rocco, ma per rendere più competitiva la Serie A servono provvedimenti da studiare. E Commisso stesso può dare una mano con la sua ‘contaminazione culturale’ del mondo americano. Al vaglio anche cambiamenti per le norme che rendono burocraticamente molto difficile la costruzione di nuovi stadi di proprietà. La Fiorentina ha posto da subito l’accento sulla problematica. Che non riguarda solo Firenze e la Fiorentina, ma quasi tutti i club di Serie A, eccezion fatta per rare società. E non è un caso se prima che scoppiasse la pandemia globale Barone e la Fiorentina avessero incontrato il Presidente del Coni Malagò per sottoporre la questione agli organi istituzionali. Riscontrando, per altro, grandi consensi. Che possa cambiare qualcosa?
OPPORTUNITA’. L’occasione di ripartire è di quelle da non farsi sfuggire. Per il bene anche dell’industria calcio. Quando lo tsunami coronavirus sarà ormai alle spalle, e si potrà tornare a vivere in maniera normale, senza più dover fare questa maledetta conta dei deceduti ogni giorno, l’auspicio è che stavolta si possa dare maggior ascolto a chi in mente ha proprio questo: rilanciare il nostro pallone in maniera più democratica. Con meno ostracismi e più competitività. Utopia? Viste le schermaglie tra chi vuole tornare subito ad allenarsi e chi no, forse lo è. Ma sarebbe l’ennesima occasione persa di un mondo che si è concesso al dio denaro con eccessiva rapidità e che adesso, di quel sistema, rischia di rimanerne prigioniero e vittima.

Di
Gianluca Bigiotti