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Rassegna Stampa

La Fiorentina sale al sesto posto di Conference con il minimo sforzo e la massimo resa

Battuto il Pafos 3-2 e testa all’Inter di domenica. Dopo il match di ieri, difficile non pensare siano le individualità a fare la differenza

Doveva vincere, la Fiorentina, e ha vinto scrive il Corriere Fiorentino. Per rimettere a posto la classifica del girone di Conference e per poi immergersi con animo e cuore in tre giorni da brivido nella preparazione di un appuntamento, quello con l’Inter, che la città aspettava da anni.

Una serata da massimo risultato col minimo sforzo, quella di ieri, ed era quello che serviva. Stavolta, un po’ per necessità, un po’ per scelta, un po’ perché i precedenti evidentemente lo hanno convinto a cambiare strada e perché, soprattutto, non poteva permettersi altri passi falsi dopo il k.o. di Nicosia, Palladino ha presentato si una Fiorentina molto diversa da quella da campionato, ma non totalmente rivoluzionata.

In difesa per esempio c’erano due titolari (Dodò e Comuzzo) su quattro mentre là davanti, non avendo alternative, c’era ancora Beltran. Per il resto dentro i soliti del giovedì, ma con un’enorme sorpresa. Lasciato fuori Adli a scopo precauzionale dopo un fastidio rimediato a Como, con Cataldi ancora non al 100% e con Richardson sempre out, il mister viola ha presentato Quarta a centrocampo, al fianco di Mandragora. Una soluzione provata solo nel finale della gara con la Roma e che attirava a sé grande curiosità.

Restava da capire che tipo di squadra si sarebbe presentata: quella infallibile che domenica si giocherà la vetta della serie A con l’Inter o quella che, in Europa, ha spesso faticato più del dovuto?

La risposta è arrivata abbastanza presto. Nel primo quarto d’ora infatti si è vista una Fiorentina lenta, molto orizzontale e pure un po’ sbadata e distratta in fase di non possesso. L’esatto contrario di quella che sta stupendo l’Italia. Del resto il dislivello tra i titolari e le alternative è evidente.

A centrocampo, per esempio, dove senza Adli non c’è un giocatore che sappia andare in verticale, e ovviamente là davanti. Perché un conto è avere uno come Kean, che attacca costantemente la profondità, fa reparto da solo e sa reggere il pallone e un altro è doversela giocare con Kouame. Un generoso, ma che fatica da matti sia spalle alla porta che nel dialogo con i compagni. Magari il gol trovato dopo una bella combinazione Ikonè-Dodò lo sbloccherà. Di certo, è servito per mettere in discesa una gara nella quale la Fiorentina stava faticando un po’ troppo. Poi l’autogol del 2-0, il 2-1, il solito gol di Quarta e, giusto per complicarsi la vita, la papera di Terracciano per il 3-2.

Perché può non piacere, come discorso, ma è sempre più dura far finta che fino ad ora non siano state soprattutto le individualità a far la differenza. De Gea, Kean, e gli altri. Sono loro il valore aggiunto e sono loro che, domenica, si giocheranno qualcosa di inimmaginabile.

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