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Parole che fanno indubbiamente discutere nell’ambiente viola, data la delicatezza dell’argomento e l’affetto che Firenze prova per Bernardeschi. Analizziamo la questione in modo puramente oggettivo: decontestualizziamo cioè le frasi di Sousa, dimenticandoci che sono state dichiarate pubblicamente e che i tifosi sognano una Fiorentina guidata da Bernardeschi come futura bandiera gigliata, dato che il ragazzo è di origini toscane ed ha passato una vita nel club viola. Se eliminiamo questi fattori, Sousa ha ragione: il ragazzo possiede doti tecniche fuori dal comune e cresce di stagione in stagione; quando arriverà ad essere al top della sua carriera è probabile che venga tentato da squadre che, oltre a garantirgli uno stipendio più sostanzioso, possono permettersi di guardare a traguardi più ambiziosi di quelli per i quali la Fiorentina storicamente lotta. In fondo, volendo essere cinici, la storia del calcio è piena di giocatori che giurano fedeltà ad una società ed ai propri tifosi per poi rimangiarsi tutto di fronte alle tentazioni (neanche troppo illecite in verità) di vagonate di milioni di euro e di obiettivi più alti. Perché non dovrebbe succedere anche a Berna?

Tuttavia bisogna aggiungere che dare ai tifosi quelle che per il portoghese sono false speranze potrebbe essere ancor più controproduttivo dell’essere schietti. Può essere che Sousa, memore di quel che è successo nel passato gennaio (ormai lo sanno anche i muri: promesse societarie sul mercato mai mantenute), abbia preferito spegnere qualsiasi illusione su Bernardeschi esternando la dura realtà del calcio moderno, onde evitare una successiva delusione dei tifosi viola.
Forse però, in una faccenda delicata come questa, l’arma migliore sarebbe stata il silenzio. I tifosi non sono stupidi: sanno che uno con il talento di Bernardeschi ad un certo punto della carriera può decidere di cercare una società che gli faccia fare il salto di qualità a livello di ambizioni ed economicamente. Tuttavia non dovrebbe essere l’allenatore della squadra a ricordare a tutti che il giovane talento probabilmente se ne andrà, così come non dovrebbe nemmeno promettere l’esatto contrario, cioè cucirgli addosso un futuro da bandiera. Il semplice silenzio, a volte, è tutto quel che basta per non far scoppiare inutili polemiche, in un ambiente che necessita di tutto tranne che di ulteriori frizioni tra le sue componenti.
 
												
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																							 
																							 
																							 
																							 
									 
									 
									 
									 
														 
														 
														
Di
Marco Zanini