
Montella ha parlato di “aspettative che si erano alzate” dopo i 6 risultati utili di fila, poi ha aperto il ‘caso-Chiesa’.
Le attenuanti, da una parte, ci sarebbero anche. Pulgar e Castrovilli fuori per squalifica, Chiesa per problemi fisici (o altro?), Pezzella out dopo 3′ per un duro colpo allo zigomo (a proposito, si teme uno stop piuttosto lungo). Ma che in due settimane non si siano trovate soluzioni per contrastare e colpire un pur ottimo Verona, che si sapeva avrebbe fatto la sua gara di grande intensità fisica, resta difficilmente comprensibile. Dal punto di vista dell’atteggiamento sì, la squadra ha fatto un passo avanti rispetto a Cagliari (difficile del resto fare peggio), ma qualitativamente e a livello di idee la Fiorentina ha fatto veramente poco per non perdere la partita del Bentegodi. E allora i fischi finali degli oltre 3 mila tifosi viola risultano più che comprensibili.
ASPETTATIVE. Due partite, Cagliari e Verona, che di fatto hanno minato molto dell’entusiasmo portato a Firenze da Commisso. Nel mirino soprattutto l’allenatore, del resto filo conduttore con la Fiorentina dell’ultima fase dei Della Valle. E poco capace, fin qui, di dare identità e soluzioni tecniche, tattiche e motivazionali ad una squadra che comunque resta in grandissima parte rinnovata. Con tutte le difficoltà del caso. “Si era alzato il livello di aspettative con i risultati eccezionali di qualche settimana fa”, ha commentato Montella a fine gara. “Abbiamo fatto 7-8 partite di altissimo livello che nessuno si aspettava, anche secondo i programmi”. La società fin da inizio stagione ha parlato di annata di transizione, ma da qui a non avere ambizioni o sentirsi di ‘andare oltre’ quando la squadra era al 6°/7° posto in classifica, con una buona continuità di sei partite, pare un concetto che la tifoseria e la città poco comprendono. Parole che stanno facendo discutere.
RIDIMENSIONATI. “Tutto questo ci dà una bella ridimensionata, dopo 6 risultati positivi, dopo quelle gare che ci avevano detto che eravamo in una strada in discesa. Ma non è ancora così, dobbiamo diventare squadra. Serve tempo, l’ho sempre detto. Da direttore faccio le mie valutazioni, ma come società abbiamo le idee molto chiare per il percorso di crescita della Fiorentina”, ha aggiunto Pradè. “Certo che sono preoccupato, a livello professionale. Già in settimana avevo chiesto chiarimenti alla squadra, loro hanno certezze di essere già una squadra fortemente competitiva“. Una Fiorentina costruita con una buona base di undici di partenza (ma senza centravanti), ma che quando è andata a cambiare qualcosa per necessità (infortuni e squalifiche) ha visto sgretolarsi ogni certezza. Giusto da parte della società chiedere pazienza per un percorso di crescita necessariamente da fare, ma altrettanto lecito da parte della piazza aspettarsi prestazioni più decorose e non doversi accontentare di un anonimo 10° posto in classifica.
NO ALLA MEDIOCRITA’. Perché va bene non avere traguardi e obiettivi minimi da raggiungere, ma iniziare un nuovo ciclo con una squadra da metà classifica, pensando di andare oltre i limiti quando si arriva ad accarezzare (momentaneamente) la 6°/7° posizione, non è certo il massimo per ricreare l’entusiasmo desiderato. Una squadra costruita necessariamente in fretta con tutti i limiti, le difficoltà e le attenuanti del caso, ma Firenze ha risposto (e sta rispondendo) con grandi numeri di presenza, in casa e in trasferta. E si aspetta una squadra che ce la metta tutta, che sia generosa, imprevedibile, divertente e competitiva. Commisso è un presidente ambizioso, che non vuole ripartire con mediocrità. Lo ha ripetuto in tutte le salse, ha voglia di investire su Firenze e la Fiorentina per riportare la squadra ad alti livelli. Serve tempo, sì, ma anche una crescita collettiva e individuale. Vuole una squadra che diverta e si diverta, aspettandosi qualche errore sì, ma non delle prestazioni come quelle viste nelle ultime settimane. Quando si è registrata una generale involuzione. Di gruppo e nei singoli. E questo, nella crescita che tutti si aspettano, è uno degli aspetti più preoccupanti.
CASO O NO? A Verona è poi emersa la questione Chiesa. “Federico non sta bene, se starà bene fisicamente e mentalmente giocherà”, ha detto Montella a caldo in tv, facendo riferimento non solo al problema fisico che ieri gli aveva fatto saltare parte dell’allenamento. Poi l’allenatore ha ‘corretto’ il tiro poco dopo: “Chiesa non stava bene, stamani non si sentiva in grado di giocare. Ha provato a scaldarsi ma non stava ancora bene. Come tutti i giocatori, quando stanno bene fisicamente e mentalmente possono essere utili”. Ci ha pensato quindi il ds Pradè a stemperare il caso: “Il problema di Chiesa è fisico, non mentale. Ha un problema al pube, è tornato dalla Nazionale e non era in grado di giocare oggi. Soprattutto con un campo così pesante e in una partita così intensa e ‘maschia'”. Già, un problema che Federico si porta dietro da tempo. Ma resta una panchina che fa (e farà) discutere, specie perché arriva dopo la straripante prestazione da 90′ lunedì in Nazionale contro l’Armenia. Un’assenza che è risultata pesante a Verona. Con la Fiorentina incapace di creare i presupposti per segnare e per vincere la partita.

Di
Marco Pecorini