Parte l’avventura di Cesare Prandelli. Con grande carica, determinazione, e voglia di provare a dare un senso ad una stagione appena iniziata
PRONTI, ATTENTI, VIA. In bocca al lupo Cesare. Prandelli torna dopo 10 anni sulla panchina della Fiorentina, con una voglia matta di provare subito a risollevare le sorti di una squadra finita nel piattume e di ridare un senso ad una stagione nata male. Non malissimo, per fortuna. Stavolta, rispetto ad un anno fa, il cambio di tecnico è avvenuto prima che le cose prendessero pieghe quasi drammatiche. I valori a disposizione, quest’anno, sembrano esserci. E la missione di Prandelli è chiara: trovare il modo di far rendere a dovere una rosa che è sembrata troppo spesso priva di idee, di condizione atletica e con troppi interpreti fuori ruolo.
UN SENSO. Conteranno i risultati, i punti e la posizione di classifica finale, ma anche e soprattutto capire il reale valore di alcuni elementi che fin qui hanno deluso. Dalle punte ai centrocampisti, ma anche i difensori. Tutti ben lontani dal rendimento che ci si attendeva. E dare, dunque, un senso ad una stagione che da Pradè in su, o in giù a seconda di chi si vuol considerare maggiormente responsabile delle scelte effettuate in estate, nessuno vuol considerare già da buttare.
TENSIONI. Il tutto in un clima interno che la Fiorentina ha voluto ribadire di grande unità. Da Commisso a Barone passando per Pradè il messaggio è stato chiaro: le scelte sono state tutte condivise, e adesso c’è grande sintonia nella società. Peccato che il clima esterno, invece, sia stato contraddistinto da tensioni con istituzioni e giornalisti di cui Prandelli non aveva certo bisogno in questa marcia di avvicinamento alla partenza di un percorso che lo stesso tecnico aveva voluto improntare sull’unità d’intenti e sulla necessità di ricreare un senso d’appartenenza e di coesione che fece le fortune del suo primo mandato da mister gigliato.
DA DAVIDE A PIETRO. Di fronte un avversario che ha una sua identità, qualche buon elemento ma anche lacune evidenti. Dietro soprattutto. Occasione, dunque, perfetta per gli attaccanti viola di tornare a sorridere, ma soprattutto a tirare in porta. Cosa che nelle ultime gare era successo col contagocce, anche in virtù di scelte poco logiche e dinamiche di gioco inconsistenti. Ma dire Benevento e non tornare a quel pomeriggio pieno di lacrime per la prima gara dopo la scomparsa di Davide Astori sarebbe un omissis irriguardoso. Anche quella sfida si giocò all’ora di pranzo, in un Franchi strapieno, commosso, ma nel quale tutti vollero esserci per gridare al cielo il nome di Astori. In questo Fiorentina-Benevento, ne siamo certi, ci sarebbe stato ampio spazio per rendere omaggio ad un leader della Curva Fiesole che ha sempre combattuto in prima linea per la sua Fiorentina come Pietro Vuturo. Altro, orrendo, colpo di un 2020 che ci ha costretto a dover fare i conti quotidianamente con paure, incertezze e dolori. Con la volontà di tornare a vedere una Fiorentina che porti un po’ di gioie, soddisfazioni e spensieratezza. Già a partire dalla gara col Benevento.

Di
Gianluca Bigiotti