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Kean spettacolo, Inzaghi dominato. Ha vinto il calcio multi-modulare di Palladino

La strategia di un Palladino bifronte, un po’ italianista e un po’ giochista, ha sconfitto un’Inter irriconoscibile

La peggiore Inter dell’era di Simone Inzaghi, srive la Gazzetta dello Sport. Molle, svuotata, lenta di gambe e di pensiero, e schiaffeggiata dalla Fiorentina, nella prosecuzione della partita interrotta per il malore che il 1° dicembre aveva colpito Edoardo Bove. Si è ripartiti dal 17′ del primo tempo. L’Inter palleggiava ai cinque all’ora, la Fiorentina filava via a tutta. Tre a zero, con gol di Luca Ranieri e con doppietta di Moise Kean. La squadra di Palladino vola al quarto posto assieme alla Lazio e si iscrive con autorevolezza alla corsa Champions.

Sapessi come è strano (ri)cominciare una partita con una rimessa di mano, ma così è andata. Si è ripartiti dal fallo laterale, il via al minuto 17, dunque primo tempo in formato ridotto. Inter subito padrona dei meridiani e dei paralleli del campo, una parvenza di assedio con la Fiorentina rintanata nel guscio di un 5-3-1-1 insolito per Palladino. Una scelta un po’ subita e un po’ no, c’era la volontà di attrarre l’Inter per colpirla alle spalle. La spinta iniziale dell’Inter ha partorito un tiro di Lautaro deviato da De Gea, un gol annullato a Carlos Augusto per fuorigioco e una sequenza di corner. Volumi offensivi ridotti e, scollinata la mezz’ora, qualcosa è cambiato.

La Fiorentina è uscita dalle mura e ha cominciato a pungere. Lo ha fatto con Kean su bel cross di Parisi, momento in cui Sommer è stato bravo e fortunato, perché l’attaccante di testa gli ha schiacciato la palla addosso. E i viola si sono ripetuti poco dopo con Dodo innescato da Kean sulla destra: fuga in velocità e diagonale fuori di niente, ma è più corretto parlare di gol sbagliato. Qui l’Inter si è irrigidita, perché ha capito quanto fosse finta la prudenza esibita in partenza dai viola. L’atteggiamento dimesso era una maschera, sotto la cenere fiammeggiava del fuoco. La Fiorentina è stata brava a negare la profondità a Thuram, gli spazi a Frattesi e la corsia destra a Dumfries, interisti che hanno sofferto l’asfissia provocata da questo Palladino bifronte, un po’ italianista e un po’ giochista, costretto a varare una Fiorentina differente perché era a corto di giocatori. Da ultimo è mancato pure Gudmundsson, sdraiato da una tonsillite.

La ripresa è cominciata allo stesso modo del primo tempo, l’Inter palleggiava nella metà campo viola, ma lo faceva con circolarità, senza mai andare al punto, e con una fiacchezza che rasentava la mestizia. La Fiorentina raggomitolata assomigliava a un serpente che prima o poi sarebbe uscito dal cestone e avrebbe morso, insensibile a qualunque nenia. Non ci aspettavamo però che sarebbe successo durante un calcio d’angolo. Su un corner di Mandragora, fase difensiva da horror dell’Inter, con Frattesi addormentato e impotente sul tiro secco di Ranieri. Il principio della catastrofe. Pochi minuti dopo, la controfigura di Mkhitaryan è uscita sconfitta da una pressione alta dei “palladini”: Richardson ha imboccato Dodo sulla destra, cross perfetto per Kean sul secondo palo e Bisseck soggiogato dallo stacco del centravanti. Fiorentina a mille, Inter catatonica come dimostra il 3-0, facilitato da un retropassaggio suicida di Dimarco, a innescare Kean nello spazio vuoto, per il gol dell’apoteosi, dell’orda viola. leri ha vinto il football multi-modulare di Palladino, allenatore che in questa sua prima stagione fiorentina ha navigato in diversi mari tattici.

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