La linea dei dirigenti in questi mesi è stata chiara: squadra da ritoccare, non da rivoluzionare. Seguendo le idee di un allenatore che può valorizzare il gruppo
A Firenze vinse il primo titolo da allenatore, con quella Coppa Italia 2001 (il percorso verso la finale lo fece però Fatih Terim) che resta ad oggi anche l’ultimo trofeo della Fiorentina. Ieri sera, invece, a Wembley Roberto Mancini ha riportato l’Europeo in Italia dopo 53 anni. Un successo incredibile, se si pensa che il ciclo azzurro è partito dalle macerie della mancata qualificazione al Mondiale 2018. Un’onta pesantissima per il nostro calcio. Ma in soli tre anni l’Italia è passata dall’Inferno al Paradiso calcistico. Con 34 partite di fila senza sconfitte e soprattutto una chiara, evidentissima, identità di gioco.
LA FORZA DEL GRUPPO. Il gruppo, come è stato ripetuto da tutti, è stato il vero segreto di questa Nazionale. Mancini a Firenze, nonostante quella Coppa Italia, fa storcere il naso a molti tifosi. Così come il rapporto tra la città e la Nazionale è da molti anni conflittuale e divisivo. Ma questo Europeo, il 2° nella storia della Nazionale Italiana, ha la fortissima impronta del ct azzurro. Che ha creduto fortemente in un progetto calcistico, termine spesso abusato negli ultimi anni a Firenze ma linea chiave da seguire quanto le idee sono giuste e chiare. Ha dato spazio ai ‘piedi buoni’ in mezzo al campo, ha creato un’identità che la Nazionale non aveva da tanti anni. L’Italia, che pure in passato aveva vinto Mondiali ed era arrivata in diverse finali, raramente aveva giocato così bene. Ma quello che ha colpito di più è stato appunto il senso di unità, la voglia di fare un centimetro in più per il compagno, superare di squadra gli ostacoli che ci sono stati. Con l’Austria agli ottavi, nel finale con il Belgio ai quarti, contro la Spagna che sembrava superiore in semifinale, e infine contro le folate inglesi ieri sera. Un gruppo che è cresciuto nei mesi nonostante gli interpreti che si sono alternati, e che si è cementificato nel ritiro in Sardegna pre-Europeo: lì, come hanno raccontato i protagonisti, è arrivata la scintilla. E l’infortunio di Spinazzola, invece di indebolire l’Italia, ha rafforzato lo spirito di gruppo.
GIOCATORI RIGENERATI. Insomma, esempio lampante di come un allenatore possa cambiare le sorti di una squadra. La storia di una squadra. Da quel percorso che portò alla mancata qualificazione al Mondiale sono rimasti tanti trionfatori di Wembley: da Bonucci a Chiellini, da Immobile a Belotti, da Jorginho a Florenzi, da Verratti a Spinazzola, da Bernardeschi a Insigne. Qui si parla di Nazionale e di un commissario tecnico, ma questa Italia, che in stagione ha giocato ben 18 partite, assomiglia molto ad una squadra di club. Proprio per le dinamiche che si sono create al suo interno. Individualmente l’Inghilterra era più forte, così come la Spagna e il Belgio. Ma l’Italia ha sempre vinto di squadra. La Fiorentina, e qui il gancio con il mondo viola, sta cercando di creare una situazione del genere. Ovvero affidarsi ad un allenatore con le idee chiare, anche innovative, che possa valorizzare il materiale tecnico a disposizione. Era la strada individuata già con Gattuso, ma proseguita anche con Italiano. Tecnico emergente e poco conosciuto al grande palcoscenico, è vero, ma molto determinato e soprattutto già capace di dimostrare di saper dare identità forte alle proprie squadre. Di far rendere al massimo i suoi giocatori. La stagione allo Spezia è stata lampante: si è salvato, ed è stato tra le rivelazioni del campionato, con tanti giocatori provenienti dall’anno prima in Serie B, e ha valorizzato tanti singoli. Da Nzola ad Erlic, da Bastoni a Marchizza, da Maggiore a Pobega, da Ricci al rilancio di Saponara.
LE IDEE DI ITALIANO. La Fiorentina lo sta ripetendo da tempo: la rosa viola è da ritoccare, sì, con interventi mirati e importanti (come Nico Gonzalez, ad esempio), ma non da rivoluzionare. Secondo i dirigenti, insomma, c’è bisogno di una guida che possa valorizzare tanti giocatori che hanno reso (molto) meno delle loro possibilità. Qui nessuno chiederà chiaramente di vincere subito o in breve tempo, ma si ripartirà da un’idea di calcio più propositiva e divertente. Come fu, appunto, all’inizio del ciclo Mancini in azzurro (nessuno credeva che l’Italia potesse essere subito così competitiva). Già dal 3-5-2 (o 5-3-2) al 4-3-3, ad esempio, in tanti potranno trovare una migliore collocazione tattica. Ma anche l’impronta di gioco sarà parecchio diversa rispetto agli ultimi anni. Una linea, quella della società viola, che può trovare pareri contrari tra chi ha visto tanti giocatori faticare per salvarsi nelle ultime stagioni, ma che può avere una sua logica se si pensa al rendimento dei vari Amrabat, Pezzella, Milenkovic, Lirola, Duncan, Biraghi, Callejon, Kokorin, Pulgar, Kouame, l’ultimo periodo di Castrovilli. Alcuni saranno a fine corsa, sì, altri dovranno recuperare condizione fisica e fiducia, ma tanti di loro possono essere giocatori molto diversi da quelli (poco) ‘ammirati’ negli ultimi tempi, se inseriti in un contesto diverso. Il calcio, lo si vede sempre più spesso, non è una ‘scienza esatta’: giocatori che non rendono in un sistema di gioco possono rivelarsi utilissimi o vere e proprie sorprese se inseriti in un meccanismo di gioco più appropriato. Per questo adesso la Fiorentina si affida ad Italiano e alle sue idee. Con la speranza, con il tempo ed il lavoro sul campo, di avvicinarsi alle posizioni che più competono alla storia viola.

Di
Marco Pecorini