Si fa dura, tremendamente dura. E non soltanto per l’1-0, che un gol alla fine puoi sempre recuperarlo. Si fa dura perché non si vede come quest’Italia possa essere ribaltata in settantadue ore, tornando la Nazionale non indimenticabile ma neanche timida, sconclusionata e disorganizzata vista in Svezia. Non c’era molto da inventarsi, gli scandinavi si sono dimostrati quello che sapevamo: solidi, fisicamente piantati, perforabili in difesa e con poca classe se si esclude il primo tempo di Forsberg che ha trasformato a lungo il loro 4-4-2 in un 4-3-1-2 meno prevedibile. Ma è l’Italia che li ha ingigantiti giocando bassa, lentissima, rinchiudendosi nel suo 3-5-2 manco davanti ci fosse la Germania. Se fai così qualcosa succede e infatti, dopo quasi un’ora, nel momento oltretutto peggiore degli svedesi, Johansson appena entrato incoccia De Rossi e spiazza Buffon: si riparte da 1-0, ma a guardarlo da qui sembra un abisso.
Responsabilità e colpevoli non è il caso di tirarli fuori adesso perché ci sono ancora 90’, forse di più, per «fare» l’Italia. Non è una missione impossibile. Ma troppe cose che si sono viste chiedono spiegazione. O forse la spiegazione è una, ancora quella: siamo rimasti alla Spagna. Dal Bernabeu non ci siamo più risollevati, due successi minimi contro Israele e Albania, un pari con la Macedonia e questo k.o. con la Svezia che, se andrà al Mondiale, non sarà una di quelle che gli avversari vorranno evitare al sorteggio. Siamo rimasti alla Spagna soprattutto nel gioco che non c’è. Il 4-2-4 è stato accantonato, non si sa quanto volontariamente, da Ventura: ma il nuovo-vecchio 3-5-2 è sembrato quasi altrettanto impresentabile, spiegando che oltre il sistema c’è altro. C’è una pochezza impressionante della manovra. Si potrebbe dire, vedendo il lato positivo, che abbiamo fatto girare bassa e lenta la palla per farli uscire e colpire. Ma, temiamo, sarebbe una pietosa bugia.
In realtà è l’unica cosa che ci è riuscita perché lì gli svedesi ci lasciavano lavorare in pace: da Bonucci a Barzagli a Chiellini, un tic-toc senza sbocco perché in mezzo erano padroni loro, stretti e larghi, con l’Italia costretta a cercare gli esterni a loro volta obbligati a tornare indietro. Finiva con Bonucci che cercava l’imbucata al centro: ma Belotti, uno degli errori di Ventura, non era proprio in condizione (perché non Eder?). E Immobile era quasi peggio. Palla persa. Candreva s’è svegliato solo nella ripresa, De Rossi non ha mai fatto filtro, Parolo ha alternato un paio di entrate a tanti giri a vuoto. E Verratti, ahi Verratti, oltre al giallo d’ordinanza che gli negherà San Siro (era diffidato), ha fatto cose scolastiche ma mai ha preso in mano l’Italia. Non c’erano Neymar e Cavani davanti, ma quando arriverà la sua ora? Forse col prossimo c.t.?
L’altro problema, inutile nasconderselo, è che non siamo più blindati. Il 3-5-2 della gestione Conte chiudeva gli spiragli e difendeva alto. Questo non solo resta troppo vicino a Buffon ma è pure privo di protezione davanti. Non solo colpa della BBC. La Svezia lo capisce presto e imposta così la sua gara, accentrando Forsberg (a tratti immarcabile) e avvicinando l’altro esterno Claesson ai due attaccanti centrali, Berg e Toivonen, cattivissimi loro. Si crea così una zona franca davanti all’area dove la Svezia è sempre in superiorità e in anticipo e dove nascono tutti i pericoli. Contro una squadra tecnicamente superiore, tipo la Spagna, saremmo affondati: ma qui non c’era Isco al tiro, per fortuna.
Poi ci si può aggrappare a tutto. Ai fallacci impuniti di Berg e Toivonen, che facevano a gara ad alzare il gomito ma sono stati risparmiati da un Çakir imbelle (solo al primo un «giallo» per proteste). Si può ricorrere al palo di Darmian, il più costante e lucido. Si può dire che Ventura sicuramente si sente meno saldo. Ma alla fine, se avessimo pareggiato, dal punto di vista dell’immagine non sarebbe cambiato molto. Eppure qualche rimpianto resta perché sarebbe bastato attaccare con più convinzione, far girare la palla a ben altri ritmi e infilare fendenti in area per mettere in difficoltà una difesa non certo blindata. A che serve insistere coi tocchetti al limite? Forse solo a nascondere mancanza di idee?
Finale con Insigne, un quarto d’ora più recupero, passando a un 3-4-3 vano, ma che potrebbe essere riproposto al ritorno. Premesso che il napoletano ed Eder potevano essere messi dentro prima, e che due soli cambi in una situazione così sono pochi, non è che sia cambiato molto: lo stesso Insigne ha perso un paio di palloni e svirgolato due tiri come mai fa nel Napoli. Non è facile entrare nella tregenda, però adesso Ventura è aggrappato a pochi ganci tra i quali potrebbe esserci Insigne. Anche per garantirsi un mezzo alibi in caso di eliminazione. Facciamo ancora fatica a crederci, ma forse è il caso di svegliarsi dall’illusione che l’Italia sia ancora una grande.
Di
Gianni Ceccarelli