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Sabato sera al Franchi è in programma la prima amichevole di livello per la Fiorentina di Vincenzo Italiano. I viola saranno impegnati contro gli spagnoli dell’Espanyol nella Unbeatables Cup, evento organizzato dall’associazione Unbeatable che da anni sostiene la ricerca sulle cardiomiopatie con la donazione di defibrillatori a piccoli centri sportivi e la realizzazione di corsi di primo soccorso per atleti, con l’obiettivo di prevenire la Morte Cardiaca Improvvisa (MCI): un male che colpisce ogni anno 65.000 persone solo in Italia e 350.000 in tutta Europa. Per commentare questa iniziativa e saperne di più, LaViola.it ha contattato in esclusiva Nicola Innocentin, vicepresidente della onlus e ideatore dell’evento:
Come è nata l’idea di realizzare questa amichevole?
“Un paio di anni fa, in un viaggio in Arabia Saudita ho conosciuto il Ministro dello Sport saudita e ho fatto presente questa iniziativa che seguo da diversi anni, oltre all’idea di organizzare un torneo per sensibilizzare questa problematica. L’invito è stato subito accolto di buon grado dal Ministro dello Sport e già prima del covid avevamo pensato a questo torneo con quattro squadre che purtroppo hanno subito una perdita tra i loro atleti per questo motivo. Volevamo coinvolgere Espanyol, Fiorentina, Benfica e Siviglia, ma la pandemia non ci ha permesso di organizzarlo lo scorso anno e dopo ciò che è successo all’Europeo con Eriksen abbiamo pensato di organizzare questo torneo e chiamarlo Unbeatables Cup. Siviglia e Benfica non erano disponibili a livello temporale e quindi ho confermato Fiorentina ed Espanyol, oltre alla Roma che è stata una delle altre squadre di Astori e che ha conosciuto il problema in passato con Manfredonia, e il Betis che in Spagna è tra i club più organizzati per far fronte a crisi cardiache sul campo. Non siamo riusciti a organizzare un quadrangolare, ma saranno due partite separate e l’obiettivo sarà far conoscere una problematica che purtroppo si conosce solo per casi tragici o quasi fatali, ma di cui non si sa molto perché i numeri comunque sono alti: il calcio in Italia è un traino importante per far conoscere queste tematiche e vogliamo parlare di quello che si può fare, anche non essendo medici o specialisti”.
In che modo?
“La Croce Rossa e la Misericordia ci hanno dato supporto e anche prima della partita faremo una dimostrazione ad entrambe le squadre per dare delle informazioni di massima, sia teoriche che con esempi pratici, poi sarebbe auspicabile seguire un corso di 8 ore. La speranza è che un domani tutti i calciatori, di qualunque categoria, siano in grado di fare un massaggio di emergenza che è l’unica cosa che può consentire una percentuale alta di sopravvivenza, in assenza di un defibrillatore. Dal punto di vista medico, la ricerca ha i suoi tempi e noi cerchiamo di finanziarla per capire le cause che scatenano un arresto cardiaco. Inoltre, ci tengo a ringraziare Mahd Academy: organo attivo del Ministero dello Sport che ci ha supportato per realizzare questo evento, perché non essendoci la certezza di un’affluenza di pubblico, senza di loro non sarebbe stato possibile”.
Questa sarà la prima edizione, ce ne saranno altre?
“Ci auguriamo che possa diventare un evento annuale, perché la gente sia consapevole e attraverso questi eventi fare anche dei ‘corsi di aggiornamento’ con il progresso della medicina. Saperne sempre di più su un problema è la strada giusta per trovare un domani la soluzione, una forma preventiva o di pronto intervento”.
Sarà l’occasione anche per ricordare Astori e Jarque…
“E’ doveroso ricordare sia Daniel che Davide, ma senza strumentalizzare la memoria di nessuno. Li ho menzionati con grande rispetto ed entrambi sono morti in circostanze analoghe, entrambi in hotel durante un ritiro e purtroppo si trovavano in camera da soli. Ci stiamo coordinando con le due società per mantenere quelle che sono le abitudini, cioè un momento commemorativo con un applauso o con una grafica dedicata al 13′ per Astori e al 21′ per Jarque”.
C’è un ricordo che la lega ad Astori?
“Non ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente, però mi è rimasta impressa un’immagine che ho visto un po’ di tempo fa quando era a Cagliari e che lo ritrae a fare un corso per imparare come si fanno i massaggi di primo soccorso. Paradossalmente anche chi impara può essere soggetto. L’auspicio è che se dovesse accadere, chi ti sta vicino sia in grado di intervenire. Davide già all’epoca aveva una sensibilità verso questa tematica e questa foto lo testimonia. Quando la vidi ho avuto un po’ l’aspirazione di dire: “Quella è l’unica cosa che noi possiamo fare”, quindi tra le nostre attività c’è la donazione di defibrillatori a centri sportivi, il supporto alla ricerca e aumentare i corsi per avvicinare sempre più persone”.
Lei è anche un agente, da addetto ai lavori come commenta la nascita della Fiorentina di Italiano?
“La Fiorentina con Italiano ha preso un allenatore con delle idee ben precise e credo che proprio queste siano un buon punto di partenza, se supportate dal lavoro della società per metterlo nelle condizioni di poter esprimere al meglio l’idea di gioco che ha. Tutti gli allenatori hanno caratteristiche precise e necessitano di 3-4 giocatori che gli diano la certezza di esprimere la loro visione. Questo vale per Italiano e gli altri allenatori. Credo che la Fiorentina farà ancora qualcosa sul mercato, ma ora in primis l’allenatore ha voluto valutare tutte le risorse interne: spesso ci sono giocatori che hanno reso al di sotto perché non inseriti in un determinato contesto”.
Lei aveva contribuito all’arrivo di Ribery a Firenze, come commenta il suo addio?
“Ribery garantisce tanta esperienza sia in campo che nello spogliatoio, ma è vero che adesso ha due anni in più rispetto a quando arrivò a Firenze e se la linea della società è quello di creare un qualcosa di nuovo per dare spazio anche a giocatori più giovani qualche scelta anche a malincuore l’hanno dovuta fare. Nessuno discute le qualità umane e sportive di Ribery, ma nel calcio è giusto che la società faccia le scelte che ritiene più opportune con un giocatore in scadenza di contratto, sempre partendo dalla collettività”.
 
												
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																							 
																							 
																							 
																							 
									 
																	 
									 
																	 
									 
																	 
									 
																	 
														 
														 
														
Di
Mattia Zupo