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In 10 mila nel nome di Davide. Così la famiglia viola si ritrova unita

Nel silenzio senti solo il fruscio delle bandiere che accarezzano il cielo. C’è la comunità in piazza. C’è la nostra famiglia. Siamo riuniti intorno a un dolore, siamo qui per dire a Francesca e ai genitori di Davide che non saranno mai soli, anche quando tutto sembrerà impossibile, quando il verbo ricominciare sarà nascosto chissà dove. Introvabile. Perso. Così scrive La Repubblica. È il silenzio di Firenze per il suo capitano. Interrotto solo dagli applausi che nascono e si spengono, per riaccendersi davanti ai volti segnati dal dolore che sfilano per entrare in chiesa. In diecimila, qui. Arrivati di prima mattina. Firenze ha nel suo hardware interiore i drammi vissuti e sfiorati.

Quel giorno in cui Antognoni aveva smesso di respirare, come tutto lo stadio. L’addio alla moglie di Cesare Prandelli, l’allenatore con cui si creò una empatia mai conosciuta prima. E la notte di Stefano Borgonovo, quando Roberto Baggio lo accompagnò sull’erba dove insieme, quei due amici campioni, avevano regalato brividi e gol a chi adesso li applaudiva tra le lacrime. E ora la famiglia è di nuovo riunita. E ci chiediamo cosa sarà di noi. Come sarà possibile ripartire. E forse la risposta non è così lontana. Firenze la sta raccontando con questo silenzio, con quelle bandiere al vento, con quelle sciarpe tese. Segni. Piccoli, enormi, veri. La mamma di Davide che manda un bacio alla piazza. Borja Valero e Vecino, Zanetti, Buffon e Chiellini che piange e abbraccia gli ultrà viola che sono lì alle transenne da ore. C’è Diego Della Valle che guarda i tifosi e batte la sua mano dalla parte del cuore. È una mattina di piccoli gesti e di grande emozione.

È la voglia di azzerare il passato, di liberarsi del veleno. Fa quasi impressione: il calcio ritrova la sua umanità. Quel mondo che noi guardiamo dall’altra parte della vetrina. Un luogo immaginario fatto di soldi e avidità. Un pianeta alieno che quasi mai si confonde con le nostre vite di semplici umani. Lo show, il business, le parole scontate. Il cuore nascosto dalla paura. La sfida dopata dagli aggettivi dei media, gli allenatori attori, i calciatori rockstar. E improvvisamente la vetrina si spezza e ci ritroviamo tutti dalla stessa parte: uomini e donne, anziani e bambini. Fragili, persi davanti a qualcosa di imprevisto e imprevedibile. Il giorno dell’ultimo saluto potrebbe essere anche la data di una nuova consapevolezza. Fino a sabato tutti si chiedevano come sarebbe stato possibile riannodare i fili. L’occasione ce l’hanno regalata il capitano e il dramma di una famiglia e di una squadra che adesso sbanda confusa alla ricerca di un sorriso e di un dove. La solitudine interiore sarà la terra della rinascita.

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