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Editoriali

Il tempo delle responsabilità e delle colpe in una stagione mai iniziata

“Società assente, squadra inconcludente, allenatore indolente. Curva Fiesole… sempre presente… c’avete rotto il c….”: Lo striscione della notte, a firma 1926 e quindi il cuore pulsante del tifo organizzato della Curva Fiesole non fa una piega. Più che altro descrive al meglio lo stato d’animo di un tifo e di una pubblica opinione compatta a criticare adesso ogni comparto della Fiorentina, dopo una prestazione, quella di Palermo, lacerante non tanto per l’Europa e per i discorsi sesto posto, quanto piuttosto per un atteggiamento inammissibile. In termini di approccio, di gestione e di conduzione della gara.

Lo striscione non fa una piega perché divide equamente le colpe di una stagione che, al di là di discorsi, frasi, smentite, speranze e patti mai coinvolgenti nella loro totalità, era prevedibile dal suo inizio. Ammesso che ci sia stato e che qualsiasi previsione potesse essere diversa dallo scenario immaginato nel ritiro scorso di Moena.

La società, uno dei bersagli, ha sicuramente la responsabilità di non aver compreso come un cambiamento tecnico, dopo una frattura insanabile, fosse la necessità e non un extrema ratio. La premessa e non una toppa. Il discorso dell’autofinanziamento del mercato è un altro tema, ma qui e forse in questo momento conta più, in negativo, un’assenza e una mancanza di prese di posizione forti nei momenti topici.

Dal timone societario al timone tecnico, quindi Paulo Sousa. L’ennesimo esperimento del campionato (una formazione iper offensiva, imbottita di trequartisti senza logica e conclusa con nemmeno un difensore di ruolo) a Palermo è l’ultimo atto di una stagione vissuta da separato in casa. Da corpo estraneo, dopo essere stato nella passata stagione il leader maximo, il centro di gravità di battaglie e discussioni che trascendevano l’aspetto sportivo. Uno stato emozionale prossimo allo 0, una freddezza nelle dichiarazioni e una liturgia di parole trasformate poi in uno spartito intermittente nel campo. Dove alle stecche con le piccole hanno fatto da contraltare agli acuti con le grandi squadre.

Infine la squadra, terzo elemento della triade di contestazione non immune da responsabilità, da colpe. Un gruppo di giocatori che ha vissuto un anno con la consapevolezza di essere alla fine di un percorso. Forse più proiettati a giocare una partita e un campionato parallelo. Una squadra che ha confermato i limiti, non in tutti i suoi elementi, caratteriali che l’hanno sempre contraddistinta. Quei limiti che portano a rasentare la perfezione nel rendimento e nelle prestazioni quando la pressione è prossima allo 0, o comunque tutta nell’avversario, e che, allo stesso tempo, fanno sgonfiare ambizioni, scivolando in insufficienza, quando invece c’è da compiere un passo in avanti, da cogliere le occasioni. Forti con le grandi, quando non c’è niente da perdere, deboli con i piccoli, quando tutto invece sembrerebbe favorevole.

Adesso quattro partite, la prima delle quali faccia a faccia con uno dei possibili protagonisti del futuro (Di Francesco), prima poi di aprire i processi e emettere le sentenze definitive. In un’estate che sarà lunga, priva sì di preliminari per qualcuno fastidiosi, ma decisamente fondamentale per capire i programmi a medio e lungo periodo. La Curva Fiesole sarà presente, come sempre. Del resto non fa una piega.

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