L’eredità di Davide è la mistica dei numeri, quando pensi che niente è un caso e scopri che Vitor Hugo ha il numero trentuno sulle spalle, come gli anni di Davide, e segna un gol saltando in cielo alle tredici in punto e che quella di ieri era la sua tredicesima presenza con la maglia viola addosso. In più si chiama Vitor come la piccola Vittoria, e gioca nel ruolo che fu del capitano. Così scrive La Repubblica. Tutto questo non spiega niente, o forse tutto, perché racconta ciò che è stata questa domenica che non dimenticheremo mai, perché le ripartenze della vita nascono sempre da dolore, dalla rabbia, dal desiderio di dedicare qualcosa di importante a chi non c’è più. Ma ciò che nasce dal pianto e dal senso di vuoto è questo farci coraggio sotto la pioggia, questo ritrovare l’umanità in un mondo che la nasconde dietro frasi fatte e giochi di parole a effetto che fanno i titoli sui giornali e in tv.
L’eredità di Davide è anche l’immagine della tribuna d’onore che è una fuga indietro nel tempo: i Della Valle applauditi dal Franchi, i fratelli di Davide commossi e incoraggiati dai pensieri affettuosi di 35 mila tifosi che anche per questo sono arrivati qui. È buffo pensare come solo i drammi facciano saltare gli umori del calcio dall’isteria all’amore in purezza. Siamo uomini, e spesso dimentichiamo le lezioni della vita. Ma qualcosa resterà, di tutto questo. Sarà un bagaglio leggero ma essenziale, senza veleno e con ciò che ci serve: passione, ragione, sentimento, rispetto. Perché la parola chiave di una domenica diversa da tutte le altre è proprio questa: rispetto. E la sua immagine è Vitor Hugo che, dopo il gol decisivo segnato al Benevento, si mette sull’attenti davanti alla maglia con il sorriso del capitano. C’è il rispetto del dolore di chi non riesce a dormire la notte e la mattina si sveglia e non vuole credere che tutto questo sia vero.
Il fatto è che piano piano torneremo a parlare di pallone, di ciò che va e cosa non va, di come fare per migliorare questa squadra, dei prossimi obiettivi. Lo faremo perchè Firenze e la Fiorentina sono la stessa cosa. Rinascere da questa domenica vuol dire avere un’anima che è un fiume in piena. Vuol dire, per i compagni di Davide, attraversare questo dolore nel tempo e scoprire, tra le lacrime, nuove energie. L’eredità di Davide sta nel ricordarsi di quell’appartenenza di cui parliamo sempre, e che quella ha bisogno di unità e lealtà. Ora è il momento di ricominciare, ricordandoci sempre del nostro capitano e della sua preziosa eredità, che è una lezione da ricordare sempre, anche quando la nostra testa sarà altrove, anche quando discuteremo del mercato o del modulo. E la lezione di Davide è pura e semplice: se vogliamo arrivare lontano dobbiamo camminare tutti insieme nella stessa direzione, forti di un parola che vale tutto: rispetto.
Di
Redazione LaViola.it