“IL RAGAZZO gioca bene”. Soprattutto adesso. Questione di ruolo, s’intende. Del resto, se n’è discusso per mesi. «Dove deve giocare Bernardeschi?». Se lo chiedevano tutti. Pareri, opinioni, punti di vista. Ognuno con un’idea diversa. Un esempio? «Per me non ha senso farlo giocare come nella Fiorentina», disse Ventura. Per lui, Federico, può fare l’esterno offensivo o (addirittura) la mezzala. «È distratto e confuso», rispose qualche giorno più tardi Paulo Sousa. È stato, quello, il momento più difficile. Prestazioni deludenti, e parecchia panchina. Dopo tante carote, il gioiellino all’improvviso ha assaggiato il bastone. Poteva perdersi. E invece no. Merito di un carattere duro come il marmo (sennò non sarebbe di Carrara) e di qualità che non potevano esser sparite. E infatti, pian piano, Bernardeschi si è ripreso la scena. «Con l’allenatore ci siamo chiariti in privato — ha raccontato lui stesso qualche giorno fa — il fatto è che ero uscito dall’Europeo un po’ stressato fisicamente e mentalmente». In effetti, la scorsa, è stata una stagione dove il mondo gli è cambiato davanti alla velocità della luce.
E pensare che stava per andarsene. Tentato da chi (vedi Sassuolo) gli offriva la possibilità di giocare con continuità. Poi, un giorno, gli ha squillato il telefono. Dall’altra parte c’era Sousa. «Resta, e fidati di me». Da lì, era l’estate del 2015, è cambiato tutto. La maglia numero 10, la conquista di un posto da titolare, fino (appunto) alla chiamata di Conte per l’Europa. Un calo, per intendersi, ci poteva stare. La svolta, apparentemente definitiva, è arrivata a Cagliari. Paulino ha cambiato modulo, passando al 4-2-3-1, e ha spostato Federico più avanti. Non più esterno destro a tutta fascia ma esterno (sinistro) offensivo. Meno sacrificio, e più libertà. Quel giorno, Fede, segnò una doppietta. Ora, non pare volersi fermare. Un gol dietro l’altro. Con i due di ieri è salito a quota sei in campionato. Tanta roba. Capocannoniere viola davanti a Kalinic che, in questa serie A, è fermo a cinque.
Il conto è presto fatto: da quando ha cambiato ruolo Bernardeschi ha segnato cinque gol in cinque partite. Una specie di sentenza. Di rapina (come lo 0-1 all’Empoli), su rigore (a Udine), da fuori area, dopo un dribbling. Con un unico comun denominatore: il sinistro. Quel piedino fatato che ha fatto innamorare Allegri (il tecnico della Juve non ha mai nascosto la sua stima per il gioiello viola) e che in estate aveva convinto l’Inter a mettere nelle mani del suo agente un assegno superiore ai 20 milioni da presentare alla Fiorentina. Il muro alzato da Corvino però, e dai Della Valle, era inattaccabile. Di certo, le voci torneranno. È normale. Berna è forte, è italiano, è giovane, e ha la testa giusta. Sarebbe strano se le grandi non si facessero avanti, no? «Sta crescendo moltissimo, e ultimamente soprattutto in fase realizzativa è particolarmente efficace». Per ora, comunque, se lo gode Sousa. Con lo stesso metodo di sempre. Carota, certo, e bastone. «Deve continuare a migliorare — ha infatti aggiunto ieri il tecnico portoghese — per essere incisivo in ogni azione».
Nel primo tempo, in effetti, la sua prova (gol a parte) non era stata esaltante. Qualche errore di troppo, e un sacco di rimproveri. Ad un certo punto hanno anche discusso. Ormai il loro è un rapporto così. Come tra padre e figlio. Basta conoscersi, e reagire nel modo giusto. Ieri Federico lo ha fatto. Eccome, se l’ha fatto. Trasformando una domenica che poteva essere complessa in un pomeriggio magico e stravincendo il confronto a distanza con Riccardo Saponara. Un altro (grande) talento italiano che al Castellani però è stato completamente oscurato dalla stella di Berna. Nel secondo tempo, in particolare, Fede è stato semplicemente devastante. Strappi, cambi di passo, un gol da giocatore fatto e finito, assist. Sotto gli occhi dell’unico 10 (Antognoni), ha convinto per la prima volta i tifosi viola a dedicargli un coro. Chissà. Sarà stato per quella mano battuta sul cuore dopo la doppietta. O magari perché in settimana aveva detto che «chiudere la carriera a Firenze è un pensiero grande». O forse, più semplicemente e come dice il coro, perché “il ragazzo gioca bene”.
Iscriviti
Login
10 Commenti
ultimi
Di
Redazione LaViola.it