Editoriali

Il peccato originale: aspettative e pressioni. Napoli, Atalanta e ora anche il Bologna crescono (e vincono). La Fiorentina no

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Napoli, Atalanta e ora anche il Bologna crescono e vincono. La Fiorentina no, resta da anni sempre lì

Parliamoci chiaro: se Italiano avesse vinto andando alla Juventus, al Milan, al Marsiglia, al Lione o a Canicattì avrebbe dato molto meno fastidio. Il problema vero è che Italiano ha vinto col Bologna. Ha vinto una Coppa Italia, una Finale, dopo che qui ne aveva perse tre di fila. E’ cresciuto? Sì. Forse. Chi se ne frega.  Perché, anche se lo fosse, lo avrebbe fatto facendo ‘palestra’ sulla pelle della Fiorentina. Lo stesso discorso dell’allenatore giovane, con poca esperienza, che commette errori e paga la propria gioventù si potrebbe fare anche per Raffaele Palladino. Il nodo sta qui: crescere. La Fiorentina con ‘la rosa più forte della gestione Commisso’ è stata messa nelle mani di un tecnico giovane, non di uno già affermato e più navigato. La scelta, ad oggi, non ha dato i suoi frutti. Magari alla lunga lo farà. Oggi no. Tanto che questa stagione, iniziata con ‘forti ambizioni’, rischia di finire con l’etichetta del flop. Sicuramente di molto inferiore rispetto alle attese.

PECCATO ORIGINALE. In pochi si aspettavano che Kean e De Gea facessero la stagione che hanno fatto, che quella Fiorentina che faticava con Puskas e Monza potesse vincere 8 gare di fila in Serie A. A quel punto, però, si è innescato il meccanismo opposto, per cui in pochi si sarebbero aspettati il tracollo che c’è stato. Magari un calo, sì, ma non tale da restare fuori dalla prossima Europa (cosa assai probabile, salvo clamorosi incroci). Una caduta dovuta ad errori e scelte sbagliate. Facile dirlo dopo, col senno del poi, certo. Prevedere le difficoltà spetta a chi fa quello di lavoro, per cui non si priva di un vice Dodo e/o prende un vice-Kean.  Poi, sfiga che si siano dovuti assentare, insieme, nel momento clou? Sì, ma fino ad un certo punto. Il peccato originale non è tanto dovuto all’oggi, quanto allo ieri. Le aspettative che si erano generate all’arrivo di Commisso non hanno trovato poi riscontro nei fatti, o meglio nei risultati. Ok gli investimenti tramite Mediacom, il Viola Park, i problemi sullo stadio, i ricavi non aumentati, il Covid, le bizze di Vlahovic e Chiesa etc etc. Ma che tutti si attendessero di poter fare meglio di un 10°/13°/7°/8°/8° posto in classifica, con 0 trofei, col rischio di non partecipare l’anno prossimo neppure ad una coppa già per concezione sotto dimensione rispetto alla storia della Fiorentina com’è la Conference League, c’era.

VIVACCHIARE. Da un vivacchiare doloso (negli ultimi anni di gestione Della Valle) si è passati ad un vivacchiare colposo (nella gestione Commisso). Sarebbe inutile e faticoso provare a fare la lista delle cose che si potevano far meglio. Certo, si poteva anche far peggio, come la Sampdoria o altre nobili decadute. Ma questi ultimi anni di calcio insegnano che si poteva fare anche molto meglio. L’Atalanta è ormai una squadra da Champions, che ha vinto un’Europa League; la Roma ha vinto la Conference, la Lazio ha vinto trofei ed è quasi sempre in bilico tra Europa League e Champions; il Napoli ha vinto trofei su trofei e potrebbe vincere un altro Scudetto con De Laurentiis; il Bologna ha vinto la Coppa Italia. Qui invece, non si cresce. Non per volontà, ma forse più per ‘incapacità’. Serve fare di più e meglio.

PRESSIONI. E attenzione a chi arriva alle spalle, anche a grande velocità. Il Como si candida ad inserirsi nei piani alti della Serie A. Lo sta facendo a suon di investimenti, ma anche sulla base di un progetto a lunga scadenza fondato su idee e identità. Quanto potrà durare? Non si può sapere e/o prevedere. In fondo anche il Bologna e l’Atalanta potevano apparire degli exploit, ma poi bergamaschi e felsinei si sono confermati (i nerazzurri da ormai quasi 10 anni) ed hanno vinto (chi vince esulta, chi perde spiega). Da queste parti, appunto, si cercano spiegazioni. Ancora e ancora, e poi ancora e ancora. E, tornando alla premessa, non erano queste le aspettative. Che a loro volta hanno generato pressioni, positive e negative, a seconda di come le si vivono. Una cosa è certa: così non può andare bene.

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