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Il mito di Antognoni, l’orgoglio di allenare la Fiorentina e l’emozione del ritorno al Franchi. Leonardo Semplici si racconta

Orgoglio. Senso di appartenenza. Una fede incrollabile nonostante il mestiere di allenatore lo abbia portato lontano (ma non troppo) dalla sua Firenze. Un paio d’ore di macchina, 150 chilometri, più o meno. A Ferrara, Leonardo Semplici ha costruito il suo capolavoro. Tre anni nel settore giovanile della Fiorentina lo hanno rilanciato nel calcio dei grandi.

Alla Spal approda nel dicembre del 2014. Prende la squadra al 12° posto e chiude la stagione al 4°. Solo un rodaggio, perché l’anno successivo vince il campionato di Lega Pro e viene promosso in Serie B. Storia bellissima, che poi diventa favola. Perché la Spal è solo di passaggio in cadetteria. Vince il campionato e torna in Serie A, 49 anni dopo l’ultima volta.

E domenica Semplici torna al Franchi, sbucherà dal sottopassaggio e alzerà gli occhi verso gli spalti: proprio lì, dove lo portava il babbo a vedere la Fiorentina di Antognoni. La nostra intervista esclusiva al tecnico della Spal parte proprio da qui.

Cominciamo dal principio. Quando e come nasce la sua simpatia per la Fiorentina?
Non è corretto dire che sono un simpatizzante, perché fin da piccolo sono proprio tifoso della Fiorentina. Mio babbo mi portava sempre allo stadio a vedere le partite, l’amore è sbocciato all’epoca di Antognoni: il mio idolo da ragazzo non poteva che essere lui. E’ una storia semplice la mia. Essendo di Firenze sono sempre stato tifoso della squadra della mia città, non poteva essere diversamente”.

Dopo alcune stagioni ad allenare prime squadre, Pantaleo Corvino le offre la panchina della Primavera viola. Il ricordo più bello?
La mia soddisfazione più grande la vivo adesso, quando la domenica trovo sui campi ragazzi che ho allenato, che ho avuto il piacere di veder crescere. Abbiamo passato tre anni bellissimi insieme e adesso li vedo giocare ad alti livelli. Da loro ex allenatore nella Primavera, è sicuramente un grande orgoglio per me. Poi è chiaro che sono molto legato ad una serata in particolare, ovvero quella della vittoria della Supercoppa Primavera a Roma. Da tifoso, notti magiche ne ho vissute diverse. Le ultime Coppa Italia me le tengo fra i ricordi più belli, anche perché quando abbiamo vinto l’ultimo Scudetto ero molto piccolo…”.

Tanti talenti allenati in Primavera. C’è qualcuno a cui si sente più legato?
E’ ingeneroso fare un nome, sono legatissimo a tutti e li ritrovo sempre con grande piacere. Penso a quelli che hanno raggiunto la Serie A, ma anche e soprattutto a quelli che non hanno avuto la fortuna e la bravura di arrivarci”.

Arriviamo al presente. Cosa penserà domenica all’ingresso in campo?
Per me sarà una partita speciale, emozionante. Ringrazierò sempre la Fiorentina, per la possibilità professionale che mi ha dato. Sono convinto però che quando l’arbitro fischierà l’inizio del match sarò già concentrato e pronto per difendere i miei colori. Con grande onore e rispetto”.

Il 4 marzo, con la scomparsa del Capitano Astori, è cambiata per sempre la storia della Fiorentina. Come ha vissuto quella giornata?
Noi abbiamo giocato di sabato il derby contro il Bologna, quindi la domenica eravamo liberi. Quando mi hanno dato la notizia sono rimasto esterrefatto, è stata bruttissima e drammatica. Un momento di grande tristezza. Davide non lo conoscevo bene personalmente, ma tutti me lo raccontano come un grande uomo. Dispiace tanto per quello che è accaduto”.

Nel preparare la partita contro la Fiorentina, molti allenatori scelgono di non riguardare la gara d’andata, proprio perché in quella Fiorentina c’era ancora Davide…
Non l’abbiamo riguardata neanche noi. In genere ci focalizziamo sulle ultime partite della squadra avversaria. Nelle partite che abbiamo visto questa settimana della Fiorentina, Davide purtroppo non c’era già più”.

Secondo lei, la Fiorentina sarebbe cresciuta così tanto anche se non fosse stata colpita da questa tragedia?
Dopo la tragedia di Astori hanno trovato un’unità d’intenti veramente bella. Merito ai ragazzi ed a mister Pioli. E’ innegabile che la squadra abbia dei mezzi importanti per fare un certo tipo di campionato, ma quello che è successo secondo me ha dato la spinta definitiva, per trovare quell’unità che in qualche partita – vedendola dell’esterno – sembrava non esserci”.

La Fiorentina ce la può fare a staccare un pass per l’Europa?
Si, ce la può fare. Se continua con questa mentalità può entrare in Europa League, senza dubbio. E’ vero che combatte contro squadre forti come Milan, Atalanta e Sampdoria, ma ora i viola hanno davvero tutto per farcela”.

Diamo un’occhiata alla corsa salvezza. Quale l’arma in più della sua Spal in questo finale di stagione?
Il nostro entusiasmo e la nostra tifoseria, dico questi due elementi. Abbiamo raggiunto unità d’intenti, in casa il pubblico ci spinge davvero tanto, ma spesso ci seguono in massa anche in trasferta. E poi il nostro spirito di gruppo, che si è compattato nelle difficoltà. Spero che questi valori aggiunti ci possano permettere alla fine di salvarci”.

Per la rosa che hanno, si aspettava squadre come Sassuolo, Chievo e Cagliari invischiate nella lotta salvezza fino alla fine?
Assolutamente no, sono squadre che hanno mezzi tecnici differenti rispetto alle altre quattro squadre coinvolte. Evidentemente hanno dei problemi anche loro, per noi è un bene perché più squadre ci sono coinvolte e meglio è, il campionato può essere più imprevedibile”.

Il calendario propone Verona-Spal fra quattro giornate. Crede sia quello lo snodo decisivo per la salvezza?
Quella di Verona è una delle tappe fondamentali. Però mancano sette partite, che sono tutte importantissime. A partire da domenica, dove troveremo la squadra più in forma del campionato. Noi però veniamo a Firenze per cercare di rendere la vita difficile alla Fiorentina”.

Chiudiamo con una domanda sui due Federico. Un consiglio a Chiesa per la sua carriera ed una domanda su Bernardeschi: se l’aspettava, quando l’allenava, che un giorno avrebbe zittito il Franchi con la maglia della Juventus?
Chiesa ha dimostrato di essere un ragazzo più maturo dell’età che ha. Il padre ha già vissuto certe esperienze, può dargli sicuramente i consigli più giusti rispetto ai miei. Su Bernardeschi, che dire… Mi è dispiaciuto, da tifoso, quando ha lasciato la Fiorentina. Però ha grande qualità, è un ragazzo straordinario e sta facendo la carriera che merita. Averlo allenato mi riempie d’orgoglio. Il ritorno a Firenze con la maglia della Juventus è stato particolare, ma il calcio è anche questo. Qualche sfottò tra le parti ci può anche stare”.

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