Le ali a piede invertito rappresentano uno degli argomenti più controversi quando si parla della Fiorentina di Italiano. Ma cosa sono? A che servono? E, soprattutto, come vengono usate?
Quando sento parlare di esterni a piede invertito uno di quegli strani meccanismi di associazioni mnemoniche del mio cervello mi porta inevitabilmente alla finale del mondiale di Messico ‘86, e alla telecronaca della Gialappa’s Band. Per la precisione ad un momento della partita quando Beckembauer diede ordine a Berthold (destro) e Brehme (super sinistro) di scambiarsi le fasce, una bizzarria a cui, secondo il trio di commentatori, i giocatori ovviarono invertendosi gli scarpini, sinistro a destra e viceversa.
Erano tempi diversi e un diverso calcio in cui un mancino a destra e un destro a sinistra erano considerate, se non proprio eresie, delle concessioni alla follia di qualche allenatore, delle fisse dettate forse dalla scaramanzia più che dalla dogmatica logica del gioco del pallone. Ma in più di trent’anni il calcio ha subìto delle mutazioni profonde. C’è stato uno studio continuo dello spazio e della copertura di questo, generazioni di allenatori hanno lasciato in dote intuizioni che sono andate a modificare e a ridisegnare il modo di stare in campo di una squadra di calcio. Lo spazio è diventato importante quasi più del pallone perché è dominando lo spazio che il pallone torna da te ed è perdendo lo spazio che perdi anche il pallone. E logicamente per dominare lo spazio devi lavorare anche per toglierlo all’avversario.
La ricerca calcistica degli ultimi anni ha generato teorie di copertura e di aggressione che hanno rappresentato un balzo in avanti rispetto alla vecchia concezione tattica, incentrata principalmente sul modulo e sulla disposizione sul terreno di gioco in zone predefinite come difesa, centrocampo e attacco. Sono comparsi movimenti, individuali e di squadra, che hanno donato dimensioni nuove al campo, aggiungendo nuove linee di terra da presidiare o da attaccare. È il caso dei già ampiamente citati half spaces, ovvero quei corridoi che esistono per tutta la lunghezza del campo e che sono posizionati ai lati della fascia centrale, prima ancora delle fasce. E di quelle che qualcuno ha battezzato “mezze posizioni”, ovvero quelle zone tra le linee di centrocampo e attacco, che sono diventate fondamentali per aprire alcune difese, in possesso, o per chiudere la prima costruzione in fase di non possesso. E sono proprio questi nuovi spazi e le attuali tecniche di difesa che hanno obbligato i tecnici a delle modifiche all’interno dei moduli. Tra queste c’è l’uso, nel 4-3-3, di uno o due attaccanti esterni col piede forte opposto rispetto alla fascia di competenza. Il famigerato “piede invertito”.
Questo uso degli attaccanti mira sostanzialmente ad avere uno o due giocatori tecnicamente importanti che entrano in mezzo diagonalmente per poter gestire la palla col piede migliore in una zona potenzialmente pericolosa. Nelle “mezze posizioni”, appunto, ovvero dietro il centrocampo e avanzando verso la difesa. La mossa teoricamente dovrebbe poter portare alla conclusione diretta, al suggerimento per l’attaccante centrale (che a quel punto dovrebbe potersi trovare liberato da uno dei due centrali in uscita sull’ala in possesso) o per l’altro attaccante esterno. E ad una situazione in cui il movimento ad entrare dovrebbe costringere il terzino avversario a stringere al centro, liberando l’ampiezza per la corsa del terzino amico o eventualmente per l’interno, a seconda di come si è portato avanti il movimento della catena laterale. L’uso di attaccanti esterni a piede invertito nel 4-3-3 è ormai quasi un dogma, non è un vezzo o una fissa. Quasi tutti gli allenatori che usano moduli con tre attaccanti preferiscono lasciare la copertura dell’ampiezza offensiva agli esterni bassi o, in caso di difesa a tre, agli esterni a tutto campo.
La ricerca di equilibrio e, in un certo senso, di simmetria del calcio moderno ha portato alla scomparsa del trequartista classico e l’attaccante esterno si è ritrovato sempre di più ad essere il ruolo a cui demandare il gioco tra le linee. Cosa che è resa più facile se l’attaccante può condurre l’azione usando il piede che gli apre il campo. Quindi le ali a piede invertito sono un espediente tattico fortemente legato all’evoluzione del gioco del calcio e una mossa ineccepibile se si vuole usare un 4-3-3 calato nello scenario del pallone attuale.
Ma come mai qualsiasi altra scelta ha bisogno di qualità specifiche, sia a livello di singoli, sia a livello di squadra? Parlando della Fiorentina e del suo modo di attaccare, paiono esserci dei problemi non tanto nella scelta di giocare col piede invertito in attacco ma in alcune sue attuazioni. Partendo dai singoli, possiamo notare che gli esterni della Fiorentina non sono mai stati degli specialisti del 4-3-3. Nico è un calciatore ancora tatticamente in formazione, perché non ha mai giocato con continuità in un ruolo specifico. Nella sua esperienza tedesca ha giostrato per lo più come attaccante, dietro il centravanti o proprio come prima punta. Ikoné nel Lille partiva da destra per accentrarsi sul sinistro ma, rispetto alla Fiorentina, aveva una libertà di movimento che ne impegnava più l’istinto che la ragione. Saponara era un trequartista puro come attaccante puro era Kouame. Sottil del lotto pare quello più vicino al ruolo perché la sua carriera l’ha visto spesso attaccante di sinistra ma per lui il discorso è più legato ad una mancanza, da colmare, di concezione corale del gioco. Quindi la Fiorentina schiera nel ruolo di ali dei giocatori che stanno cercando di impararne l’interpretazione o che si stanno adattando. Tecnicamente, però, hanno tutti il bagaglio necessario per poter eseguire la parte in modo eccellente e questo è un buon motivo per insistere.
Ma ci potrebbe anche essere un motivo tattico che influisce sul gioco poco efficace degli esterni alti. La Fiorentina, come ho già scritto in altri articoli, ha un sistema di pressione e di prevenzione molto efficace. La squadra ha ormai memorizzato in maniera eccellente i movimenti di aggressione e li attua massicciamente. Questo però porta ad una riduzione del campo che si riverbera anche sulle transizioni viola. La densità provocata dalla pressione della Fiorentina è spesso un ostacolo per l’accentramento dell’ala palla al piede e per la giocata a liberare il compagno. Poco spazio obbliga poca velocità e questo fa sì che tutto lo sviluppo, quello che dovrebbe portare alla ricerca del terzino sul fondo o della punta, perda ritmo, quindi efficacia. Inoltre il sistema di pressione dei viola in non possesso, vede alzarsi molto gli interni sui centrali difensivi, con il conseguente abbassamento delle ali all’altezza del centrocampo. Questo comporta che in caso di riconquista la situazione veda le ali troppo basse per poter andare ad aggredire centralmente l’area, con il riposizionamento che può comportare la perdita del tempo di gioco guadagnato con la pressione alta. La lentezza dello sviluppo delle azioni offensive, in realtà, nuoce a prescindere dal piede delle ali e mentre con le ali che vengono in mezzo può portare ad un ingorgo centrale, nel caso delle ali a piede forte in fascia, si può verificare uno schiacciamento delle catene laterali in cui ala a terzino finiscono per occuparsi spazio a vicenda.
CONCLUSIONE. Per me la Fiorentina è una squadra in evoluzione. Stiamo apprezzando il perfezionamento della sua fase difensiva e trovo che sia normale che ancora manchi qualcosa, vista l’ambizione e la complessità del gioco che si è scelto. È comprensibile che si sia data la priorità alla protezione della squadra, la difesa non può essere mai affidata alle scelte dei singoli mentre l’attacco può anche avere successo grazie a queste. Non ritengo le ali a piede invertito un bug del gioco viola, anzi le ritengo una risorsa che può pagare molto di più degli attaccanti col piede in fascia. Ma per farle funzionare, e con loro tutto l’attacco, ci deve essere una crescita a livello di singoli e di sistema. Anzi, è proprio dal perfezionamento di quest’ultimo che i singoli possono acquisire quella sicurezza in grado di agevolarne la crescita. E se mi spoglio delle vesti del tifoso, le evidenze positive lasciate dal lavoro svolto da Italiano in questo anno abbondante, mi spingono a credere che la crescita arriverà.
Di
Foco