Il diritto di cronaca nello sport tra prepotenze e norme tiepide…
Intanto vediamo i “confini” della libertà di espressione, di cui il diritto di cronaca è la punta più avanzata, secondo il professor Roberto Zaccaria, docente di diritto costituzionale all’università di Firenze (ed ex presidente della Rai). I soli limiti al diritto di cronaca sono: 1) l’interesse sociale della notizia; 2) la verità della notizia; 3) la continenza nell’esposizione. Ancor meno vincoli ha il diritto di critica e praticamente nessuno la satira. Naturalmente l’esercizio del diritto di cronaca non deve ledere altri diritti costituzionali. E’ quindi necessario un bilanciamento al fine di tutelare privacy, onore e riservatezza delle persone di cui si parla in un servizio giornalistico. Accanto al diritto di cronaca per i giornalisti, esiste anche il diritto all’informazione (cioè ad essere informati) da parte dei cittadini.
Il giudice Umberto Goldoni, presidente di sezione della Corte di Cassazione, è entrato nello specifico del tema. Il proprietario è titolare dello jus excludendi: a casa mia entra chi dico io. Ma questo diritto non prevale sul diritto di cronaca di fronte ad avvenimenti aperti al pubblico. Lo può essere nel caso di un certo tipo di allenamenti che richiedono riservatezza. Non è invece ammissibile per le conferenze stampa perché l’esclusione di un giornalista ne limita la capacità lavorativa. Il problema è che “non vi sono regole civilistiche certe sui rapporti tra proprietà e libertà di stampa”, così l’unica legge a cui fare riferimento per un contemperamento dei due interessi è quella del buon senso. Figuriamoci!
Più decisa la posizione del professor Claudio Franchini, docente di diritto amministrativo dell’Università di Roma Tor Vergata. A suo avviso l’esclusione di un giornalista dalle conferenze stampa o il rifiuto dell’accredito per seguire la partita contrasta con l’articolo 1 del Codice di giustizia sportiva. E’ l’articolo che fissa “Doveri e obblighi generali dei tesserati”. Al primo comma si legge: “Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”. Porre ostacoli al diritto di cronaca viola questa norma di comportamento.
Ancor più duro nel condannare comportamenti come quelli dell’ex presidente del Grosseto, l’intervento dell’avvocato Bruno Del Vecchio, patrocinante in Cassazione. Pur ammettendo che non esiste una norma specifica, il legale ritiene che con il termine “evento sportivo”, sul quale non si può negare il diritto di cronaca, vada inteso anche il complesso di conferenze stampa o allenamenti che ne fanno da contorno. Quindi anche in questi casi il principio a casa mia faccio entrare chi voglio io non è accettabile. Perfino se la conferenza stampa fosse convocata in un’abitazione privata non varrebbe il diritto di esclusione del proprietario, se non secondo il “criterio della ragionevolezza”. Quindi non prima né dopo, ma durante l’orario fissato c’è l’obbligo di far entrare tutti i giornalisti che si presentino. In quel lasso di tempo la casa privata diventa luogo pubblico. Escludere qualcuno sarebbe fuori dal criterio della ragionevolezza.
Insomma, la battaglia per affermare il diritto dei giornalisti a poter esercitare il loro mestiere ed esprimere la propria opinione (nello sport e non solo) senza dover subire ritorsioni penalizzati per il proprio lavoro, può trovare una sponda nelle norme, ma non una garanzia. Occorre un’alleanza con i lettori-ascoltatori-internauti per poter difendere il diritto di cronaca. Ricordando la famosa affermazione di Voltaire: “Non condivido la tua opinione ma sono pronto a morire perché tu possa esprimerla”.