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Il cuore al River, la testa in viola. Il ‘Chino’ Quarta al test Colombia
Focus de La Gazzetta dello Sport sul difensore argentino della Fiorentina: una delle note liete di questa stagione
“Chino” Lucas per gli occhi stretti e i tratti orientali. In Argentina va così: quando ti affibbiano un nomignolo te lo porti dietro per tutta la vita. “Fideo”, “Flaco”, “Chino”. Appunto. Come Martinez Quarta, 24 anni, il centrale della Fiorentina che odia perdere. Anche se a differenza di Recoba – stesso soprannome – non segna da corner e non fa magie, ma stoppa le punte come il suo idolo spagnolo: Sergio Ramos. Con cui una volta ha “condiviso” anche lo stadio. Finale di ritorno di Coppa Libertadores, si gioca a Madrid, al Bernabeu – campo neutro per gli incidenti dell’andata e si parte dal 2-2. Lucas gioca nel River, di fronte c’è il Boca, el partido del siglo per tutti gli argentini. Il River vince 3-1 e scrive la storia, Lucas gioca solo l’andata ma gli basta: chiamerà il suo cane Bernabeu.
Prima di convincere Prandelli ci ha messo un paio di mesi. Colpa di un rosso contro la Roma alla sua seconda gara in Italia, con Iachini allenatore. Poi più nulla: 8 panchine di fila tra novembre e inizio gennaio, prima del cambio di rotta. Ancora all’Olimpico, stavolta la Lazio, la Fiorentina perde 2-1 ma Lucas strappa il posto. Non uscirà più: 12 partite dal 1’ su 14, un gol decisivo contro il Parma e un altro “mangiato” a Benevento. Investimento da 12 milioni, per convincere Iachini sono bastati un paio di video sul pc. Ora che è tornato lo riproporrà al centro della scena, a partire dall’Atalanta. Di fronte Zapata e Muriel. Un bel test per uno accostato a Cannavaro.
A marzo 2020, in pieno lockdown, Javier Zanetti ne aveva parlato come uno dei «talenti più forti d’Argentina», ma niente Inter. Destino viola dopo una vita al River, 103 partite in 4 anni. Subito rimpianto dopo un 3-0 in semifinale di Libertadores: il River perde col Palmeiras, i tifosi scrivono «Martinez Quarta» su Twitter e il nome finisce in tendenza. «Torna a casa Lucas». Testa alla Fiorentina però, nessun ritorno. Almeno per ora. «Spero di fermarmi tanto, ma fare paragoni col River è impossibile». Nato a Mar de la Plata come Osvaldo Soriano e il Mono Burgos. “Tenere botta” è il suo mantra da sempre. Nel 2017 è risultato positivo a un diuretico proibito dall’antidoping: 7 mesi di squalifica. Al rientro ha vinto la Libertadores. «Quell’episodio mi ha reso più forte, non sono uno che si sente arrivato». Papà di tre figli, lui e la sua Guchi stanno insieme da una vita. Sogna di «giocare un Mondiale e vincere in Europa». Magari al Franchi. Un’idea per il nome del secondo cane.