Le dichiarazioni del presidente della Società Italiana Ortopedia e Traumatologia
Chirurgo e presidente della Siot, la Società italiana Ortopedia e Traumatologia, Alberto Momoli ha parlato a Il Tirreno: “Le troppe partite sono una falsa pista, è vero che statisticamente più match si disputano e più ci sono i rischi di farsi male ma ci sono altri fattori. Il calcio è cambiato e oggi si arrivati ad un ‘mix’ di velocità e potenza che sollecita in modo intenso le articolazioni, soprattutto il ginocchio”.
TANTI INFORTUNI. “Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un aumento degli interventi di chirurgia del crociato nella popolazione generale che gioca a calcio a 6 o calciotto su campo sintetici. Spesso però sono persone che giocano senza un allenamento continuo. Per i calciatori professionisti il discorso è molto diverso. La lesione del crociato ha più cause e non solo le tante partite tra campionato, coppe e nazionali. Se nel gesto del tiro la struttura più sollecitata è la caviglia, nelle cadute dopo un colpo di testa è il ginocchio come è sempre questa struttura ad essere molto sollecitata quando si corre e si devia dall’asse in questo caso gli elementi stabilizzatori (il crociato, il menisco e il collaterale) sono molto sollecitati e le masse muscolari molto sviluppate che hanno oggi i calciatori producono una tensione elevata. Se uno corre, frena e cerca di girarsi, ecco che può accadere che il crociato sottoposto a questo eccesso di tensione si rompa”.
RECUPERO. “Tecnicamente un crociato non torna in campo prima di 6-7 mesi. Un professionista di alto livello fai suoi conti su questo indipendentemente dal chirurgo. C’è un tempo biologico dovuto al trapianto del tendine che ha necessità di 6-7 mesi per stabilizzarsi. E poi c’è la riabilitazione che va fatta bene”.
Di
Redazione LaViola.it