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Il blog di Ludwigzaller

Il blog di Ludwigzaller: Marcia funebre

Domenica scorsa intorno alle cinque del pomeriggio, orario del Portogallo, il professor Zaller, seduto in una delle prime file dell’auditorium di Belem, assisteva alla esecuzione della Quinta Mahler da parte della orchestra metropolitana di Lisbona. L’inusitata energia fisica della giovane direttrice Joanna Carneiro, pochi mesi prima divenuta madre di tre gemelli, si era rivelata sin da quando la Carneiro, con quello che appariva come un passo di danza, o come un affondo di fioretto, aveva dato il la al primo movimento della sinfonia, la marcia funebre. Il bottino della giornata di Zaller era stato rimarchevole: un Pontormo, un Bosch ed un Pietro della Francesca straordinariamente virtuosistico (il pannello con Sant’Agostino) al museo di Arte antica. E quello straordinario monastero dos Jerónimos che se non fosse stato costruito a inizio Cinquecento verrebbe voglia di definire barocco.

La sera dopo, in un clima completamente mutato, in compagnia di alcuni post-doc italiani transfughi in Portogallo, smessi i panni di Zaller, stavo guardando in tv la partita tra Italia e Svezia, in uno di quei piccoli ristoranti bar che si difendono strenuamente dall’avanzata della modernità. L’atmosfera, tra sardine, vino locale e polpette di bachalau, era rilassata ed amichevole, ma le immagini in tv suggerivano ancora l’impressione di una marcia funebre. De Rossi fuori e Gabbiadini al centro dell’attacco erano il segno di un rapporto consunto tra il commissario tecnico e la squadra. Nemmeno per me era facile capire come mai proprio Gabbiadini, che ho sempre stimato, fosse stato scelto per una gara così importante. L’impressione che l’impresa fosse disperata si è avuta sin dai primi momenti e l’ha suggellata il rifiuto, fuori dal mondo, del barbuto e profetico De Rossi, di scendere in campo quando l’allenatore lo ha chiamato in causa.

Chi ha lunga esperienza di calcio, sa che a queste sconfitte si sopravvive. L’eliminazione quasi immediata in Germania nel 1974, gettò le basi di due mondiali giocati bene e terminati con un quarto posto in Argentina e poi addirittura con la vittoria otto anni dopo in Spagna. Il rinnovamento però deve essere totale, e non ha quindi alcun senso che Tavecchio e Ventura restino al loro posto. Per un insieme di ragioni anche i Chiellini e i Buffon vanno giubilati. Nel 1970 toccò a Fulvio Bernardini escludere Mazzola e Rivera e ripartire da un calcio coraggioso e divertente.

Ma la questione è principalmente tattica. Negli ultimi anni due nazionali hanno dominato negli Europei e nei Mondiali: la Spagna di Del Bosque e la Germania di Loew. La Spagna ha vinto gli Europei nel 2008 e nel 2012 ed in mezzo a questi due successi può annoverare anche la vittoria nei mondiali del 2010. La Germania ha vinto gli ultimi mondiali nel 2014. Sia Del Bosque che Loew hanno costruito le loro nazionali guardando al calcio di Guardiola. Quella di Del Bosque dipendeva dai giocatori del Barcellona, Loew utilizzava parecchi giocatori del Bayern. Nello stesso giro di anni, l’ideologia di Guardiola è penetrata anche nel calcio italiano, grazie alla Fiorentina. Attualmente a Firenze Pioli gioca in modo diverso, ma l’Inter di Spalletti, il Milan di Montella, la Roma di Di Francesco e più di tutti il Napoli di Sarri praticano, sia pure in modo diverso, il calcio tecnico e corale inventato dal Pep.

Questa evoluzione non ha per il momento investito la nazionale. La mancanza di un gioco riconoscibile è saltata agli occhi nella gara persa contro gli svedesi. Arrigo Sacchi ha suggerito che prima di tutto si cambi il gioco, e personalmente approvo il suo suggerimento. Certo un Bernardini traghettatore infernale ci manca, a meno che non sia lo stesso Sacchi ad assumersi quel ruolo.

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