Com’è la vita di un professore di iconologia religiosa ad Harvard? Non molto diversa, a dire il vero, da quella del protagonista dei romanzi di Dan Brown. Difficile che si incontrino scienziati folli, cospiratori, membri di sette segrete. Però ci si muove in luoghi paradisiaci come i musei e le grandi biblioteche, si viaggia molto, si ha a che fare con donne affascinanti per intelligenza e bellezza (non pensate che siano brutte, non è assolutamente così) e si decifrano misteri.
I misteri che insaporiscono le ricerche, sono più intriganti di quelli di cui parla Brown. Non ci si spinge ad ipotizzare che la Maddalena fosse sposata con Gesù. Ma sicuramente ha del misterioso il fatto che i famosi disegni che Botticelli fece per la Divina Commedia, di cui Dan Brown parla in Inferno, siano andati perduti per secoli. Riaffiorarono in una collezione inglese a metà Ottocento, furono acquistati da un museo di Berlino e quando la Germania si divise la collezione fu smembrata tra Berlino est e Berlino ovest. Ci vollero ancora delle ricerche per trovare le ultime tavole mancanti, tra cui la straordinaria mappa dell’inferno, che erano finite alla Vaticana.
Come si vede gli ingredienti del romanzo ci sono tutti: il grande artista del Rinascimento, il collezionista inglese, la guerra fredda e gli immensi depositi di sapere del Vaticano. Più nota è la storia della bandiera con la scritta Cerca trova che fu raffigurata da Vasari in un affresco nel salone dei Cinquecento di Palazzo vecchio. Avendo ricevuto da Cosimo dei Medici l’ordine di cancellare un’opera di Leonardo, la battaglia di Anghiari, che era politicamente pericolosa, in quanto lodava la repubblica, Vasari si trovò nella condizione del cacciatore di Biancaneve. Non ebbe cuore di cancellare un capolavoro. E si limitò a coprirlo lasciando quella bandiera come indicazione per chi un giorno l’avesse voluto ritrovare.
Storia vera o falsa? Non si sa, c’è chi dice che quella scritta avesse tutto un altro significato e che non valga la pena di distruggere un’opera di valore, quella di Vasari, nel probabilmente vano tentativo di far affiorare la Battaglia di Anghiari di Leonardo. Sono altrettanto affascinanti le storie della maschera che raffigurerebbe il volto di Dante o della grotta del Buontalenti a Pitti, che risponderebbe agli interessi esoterici, provati, del granduca Francesco I. La maschera è un cimelio raro come i disegni del Botticelli, le prime tracce della sua esistenza risalgono al Cinquecento, quando era in mano al famoso scultore Giambologna. Dopo altri passaggi la ritroviamo nell’Ottocento nella collezione del dantista inglese Kirkup ed in seguito viene ereditata dal geniale studioso di letteratura D’Ancona.
Il consiglio che mi sento di dare a chi ha visto il film e si è appassionato è di mettersi nei panni del professore iconologo e di andare a rivedere a Firenze, dal vivo, ciò che si vede nel film, immergendosi nella meraviglia delle storie vere. Consiglio che naturalmente estendo anche ad Andrea della Valle e Paulo Sousa che erano alla prima di sabato sera. Chissà che si saranno detti, se avranno discusso di iconologia o di 3-4-2-1.
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Di
Redazione LaViola.it