Il blog di Ludwigzaller
Il blog di Ludwigzaller: Dono
Tribù indiane della costa al confine tra Stati uniti e Canada come Heiltsuk, Haida, Nuxalk, Tlingit, Makah, Tsimshian, Nuu-chah-nulth e Kwakwaka’wakw, si incontravano per compiere strane cerimonie nel corso delle quali si scambiavano doni di grande valore per poi distruggerli. L’evento prendeva nome di Potlatch e alla fine fu proibito dai governi americano e canadese. La logica del Potlatch era all’opposto di quella economica che spinge a produrre e a scambiare beni per incrementarne il valore e generare ricchezza. Antropologi come Boas e Marcel Mauss fecero notare che in certe sue manifestazioni l’economia dei popoli primitivi è dominata dalle idee del dono e dello spreco, più che da quella a noi consueta dell’arricchimento razionale.
Il fenomeno è osservabile anche nella storia europea. Quando l’imperatore Carlo IV di Lussemburgo arrivò a Pisa, a metà Trecento, i pisani gli offrirono in regalo un letto che valeva da solo 3000 fiorini, una somma enorme giustificata solo dal fatto che volevano rendere un omaggio adeguato all’imperatore e nello stesso dimostrare che erano ricchi e potenti. In questi doni infatti c’è una volontà di sfida. Nelle città del medioevo i membri delle famiglie più ricche provvedevano alle feste con denaro proprio per offrirle ai concittadini. Si chiamavano festaioli e contribuivano in modo decisivo a finanziare le feste religiose e civili. Lo stesso spirito sta alla base dell’organizzazione di feste come il Palio, il Gioco del Ponte o il Calcio fiorentino da parte dei Medici. Il marchese Ridolfi, fondatore della Fiorentina, era, di fatto, un festaiolo. Il suo scopo era offrire alla città uno spettacolo grandioso, in un nuovo spazio sportivo, lo Stadio Berta, così da attirare giovani alla causa fascista.
Lentamente, le società di calcio hanno incominciato a porsi il problema di come sopravvivere in un contesto economico moderno. Il presidente non più mecenate deve guadagnare con il calcio, o quantomeno limitare le perdite. Nell’attuale gestione sportiva della famiglia Della Valle, la proprietà elargisce, perde e recupera, spera un giorno di poter guadagnare stabilmente, oltre che sul piano del prestigio, anche su quello strettamente finanziario. L’irruzione di nuove figure però sta cambiando le cose. Nel calcio inglese imprenditori dalle possibilità economiche illimitate investono somme enormi con poca attenzione all’aspetto economico e con effetti di incremento del prezzo dei giocatori. Sono mediorientali, russi, cinesi. Intendiamoci, anche questi imprenditori si muovono razionalmente (basti pensare a come in Inghilterra si gestiscono i diritti televisivi), ma sono disposti anche a sopportare grandi perdite.
L’impressione è che il calcio italiano sia in transizione verso questi modelli, e che lo spazio per gli imprenditori italiani, costretti a muoversi in un contesto di attenzione ai costi e di risparmio, si stia inevitabilmente riducendo, a favore di società straniere con possibilità di investimento ed eventualmente di spreco molto maggiori. A Firenze è questa l’alternativa su cui sotterraneamente si ragiona. Alla famiglia Della Valle si può domandare più accortezza, una migliore organizzazione, un budget relativamente più alto, ma non di adottare la strategia del dono.
