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Il Blog di Ludwigzaller: Gombrich

Come avvengono i mutamenti nella storia dell’arte? Lo spiega bene Gombrich, uno dei più celebri critici del Novecento, nella introduzione alla sua Storia dell’arte

Un pittore arriva in un certo contesto artistico e scopre che è dominato da tinte delicate e da colori chiari. Per distinguersi punterà su tinte decise e su colori scuri. E viceversa. Niente è eterno, il gusto è sempre mutevole. L’esempio vale sia per Caravaggio che, in altro senso, per Turner. Per Beethoven come per Mozart. La questione è sempre la stessa: si tratta di rompere con la tradizione e di essere originali.

Sono trascorsi ormai quasi due decenni da quando Guardiola ha inventato al Barcellona un gioco destinato a meravigliare per le novità tattiche e il diverso utilizzo dei giocatori. Il Barcellona ha vinto tutto ed è diventata la squadra simbolo e il modello da imitare.

Alcuni erano convinti che quel gioco fosse possibile solo per la qualità degli interpreti, ma allenatori come Montella dimostrarono che lo si poteva praticare anche con giocatori di livello medio-alto, benché si trattasse di schemi tattici preclusi a giocatori modesti e muscolari.

Da Guardiola e dal suo modello di gioco si dipartono i ceppi della nazionale spagnola e di quella tedesca, capaci di dominare i mondiali, negli stessi anni in cui Pepp allenava le principali squadre dei rispettivi paesi, prima il Barcellona appunto, poi il Bayern. Allenatori come Del Bosque o Loew si attengono al vecchio principio, già di Bearzot, per cui la squadra nazionale deve rispecchiare il gioco della squadra di club più forte.

Ma siccome niente è eterno, come si diceva, ecco che improvvisamente pare affermarsi un nuovo tipo di gioco, che riprende dalla visione di Guardiola l’idea del 4-3-3 ma lo modifica trasformandolo da gioco orizzontale e compassato a gioco veloce fatto di pochi passaggi, di transizioni immediate, e di ripartenze. Grazie a questo gioco il Liverpool di Salah e Jürgen Norbert Klopp arriva in finale di Champions Legue, e meriterebbe la vittoria (anche se non la ottiene).

Qualche tempo dopo, giocando così, la Francia vince i mondiali russi, lasciando un’impressione di forza straordinaria. Chiara l’intenzione di Stefano Pioli di imporre a Firenze un modello tattico molto simile: tre punte veloci e reattive, e un centrocampo senza fronzoli, che gioca in velocità e punta sui rovesciamenti di fronte.

Per adesso ha funzionato in modo magnifico, benché Pioli, a differenza di Deschamps appaia molto più prudente nell’utilizzo dei laterali di difesa, uno dei quali Milenkovic è un centrale adattato, l’altro viene dosato nella sua propensione all’attacco. Il tasso di classe della squadra appare cresciuto in modo inequivocabile, il terzo centrocampista è una temibile mezzapunta che alterna i lanci precisi verso gli attaccanti e alle incursioni in area.

Al posto del mediocre Dias è arrivato un campione come Pjaca. Simeone e Chiesa, pur giovanissimi, possono contare su di un anno in più di esperienza. Non c’è un regista, ma è chiaro che per questo tipo di gioco il regista è inutile (il Badelj di Pioli non faceva d’altronde il regista classico).

La Fiorentina non costruirà gioco né terrà palla. Farà la squadra femmina, come diceva Brera, fingerà di farsi travolgere e trafiggere, lascerà campo, per poi colpire. Il Chievo ha facilitato questa impostazione tattica, non tutti saranno così ingenui e generosi.

Dovremo scardinare le difese delle squadre piccole e sfruttare bene le occasioni che si presenteranno con le squadre grandi per passare in vantaggio e costringere gli altri a scoprirsi, così da sfruttare la nostra arma migliore, il gioco negli spazi ampi e in velocità. Comunque vada, l’impressione è  che ci divertiremo molto di più.

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