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Il blog di Ludwigzaller: Capro

Poteva essere un capro abbandonato nel deserto dai sacerdoti ebraici, il capro sacrificato nelle tragedie greche, ma anche il sacerdote di Nemi di cui racconta nel Ramo d’oro James Frazer: un uomo che veniva incoronato re per un certo lasso di tempo, fino a che non veniva ucciso da un altro pretendente alla carica, che lo sfidava a duello. Ricerche infinite sono state dedicate a queste figure, che rivelano una sorta di lato oscuro della umanità. Durante le feste si uccidevano animali e probabilmente esseri umani. Lo si fa ancora del resto, nonostante le sempre più frequenti proteste degli animalisti. In altri casi ci si limita, per carnevale, a mettere a morte, alla fine dei festeggiamenti, un pupazzo che rappresenta un re. La stessa Angelica che nell’Orlando Furioso che viene esposta al mostro marino, all’Orca, è una vittima destinata a scacciare il caos. Come Ifigenia nell’Iliade, che il padre Agamennone sacrifica per il buon successo nella guerra di Troia. Mi sono immerso in queste ricerche per lunghi anni, cercando di annodare il filo che lega l’antropologia e la storia. Il libro in cui le racconto deve ancora uscire e chissà se riuscirò a finirlo.

Colpisce, nella storia dei capri espiatori, il contrasto tra l’innocenza della vittima e la crudeltà degli uccisori. E non c’è dubbio che anche nel calcio il meccanismo si possa sinistramente attivare, quando gli spettatori sugli spalti si convincono che tutta la sfortuna che circonda la squadra sia causata da un solo uomo. L’ultimo caso è Tomovic. Non un campione assoluto, certo, ma un onesto pedatore che nella propria carriera ha pure conosciuto giornate storte. Come quando, nella finale di Coppa Italia contro il Napoli, riesce a perdere Insigne nell’azione del goal che porta in vantaggio il Napoli e a macchiarsi di una autorete. Giornate altrettanto nere le vive quest’anno a inizio stagione, sia contro l’Inter ed Icardi che contro la Sampdoria. E bastano tre giorni perché sia messo sul mercato e allontanato. Accetta la decisione con tristezza ma anche con dignità, forte di un professionismo a favore del quale depongono gli anni trascorsi a Firenze, e della stima di allenatori come Montella e Sousa, che l’hanno sempre preferito ad altri concorrenti per il ruolo.

Anche i più ignari di tattica calcistica sanno che ci si  difende e si attacca tutti insieme. Che la fase difensiva è una conseguenza del modo in cui la squadra è collocata sul campo. Se il centrocampo non appare in grado di contenere gli avversari, e se gli esterni alti non adempiono ai loro compiti difensivi, la difesa si troverà scoperta e, alla fine, subirà delle reti, spesso dopo averne evitate molte altre. Il capro resta una comoda soluzione per evitare di affrontare questa complessa materia tattica, limitandosi ad osservare che il goal si è preso perchè quel certo difensore non ha fatto la diagonale nel tempo dovuto o si è fatto sfuggire l’attaccante. Che poi quest’ultimo si chiami Icardi o Insigne conta poco nella testa di chi, non appena ha preso posto sui gradoni dello stadio, incomincia a pensare all’errore di Tomovic che gli rovinerà la domenica.

Ma il capro è figura eterna. E non è un caso se Daniel Pennac abbia fatto di un moderno capro espiatorio, un tale che viene messo a disposizione dei clienti insoddisfatti di un grande magazzino affinchè lo possano insultare a piacimento, il protagonista del più famoso dei suoi romanzi. Resta da chiedersi come faranno, ora che non c’è più Tomovic, i tifosi della Fiorentina. A chi daranno la colpa dei goal subiti? Avanti il prossimo, un capro si trova sempre.

di Ludwigzaller

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