Ci sono parole che si consumano per un uso smodato e fuori luogo: felicità è una di queste. Un’altra è bellezza. Fino a qualche anno fa bellezza si poteva ancora usare. Oggi la si legge dapperttutto e rischia di diventare irritante. Inevitabile però citare la bellezza a proposito di quel 4-2 con la Juventus che ieri è stato celebrato su tutti i siti viola. La bellezza è fatta di semplicità, di gesti essenziali. Nel gioco della Fiorentina di allora si coglieva la stessa essenzialità dei tagli di Lucio Fontana.
Quando parlano di eventi gli storici prendono la rincorsa da lontano. Un evento non sta mai a sé, è la conclusione di un processo, talvolta di un processo che dura dei secoli. Nel nostro caso bisognerebbe almeno prendere le mosse da quella famosa partita dei mondiali tedeschi del 1974 tra Olanda ed Uruguay che segna la nascita del moderno calcio all’olandese. Seguire gli spostamenti di questa idea calcistica in Spagna, grazie al Barcellona di Crujff, fino alle innovazioni di Guardiola (la rivalutazione dei piedi buoni, il divertimento dei giocatori in campo, il 4-3-3, il possesso palla). Novità immensa che creò a tutto il mondo del calcio un problema: si poteva esportare quel modello o si trattava di un unicum, garantito dalla qualità degli interpreti, tra cui Messi, il più grande giocatore del mondo? La Roma tentò di affidarsi semplicemente al secondo di Guardiola, Enrique, ma fu un fallimento. Poi toccò alla Fiorentina di Montella, che prima di metterlo in pratica studia a lungo il modello spagnolo del Barcellona.
La novità del gioco di Montella si vide subito, sin dal girone di andata del campionato 2012-2013. La squadra teneva palla con autorità, intimoriva e sorprendeva gli avversari. A natale eravamo avanti in classifica, ma dopo la sosta la Fiorentina infilò una serie di sconfitte inaspettate. L’allenatore aveva però in serbo una variante decisiva. La vittima fu Luca Toni, tornato a Firenze per caso e subito rivelatosi importante. Montella lo sacrificò per utilizzare come esterni alti due giocatori che erano arrivati a Firenze senza una identità tattica precisa, Cuadrado e Ljajic, e piazzare al centro dell’attacco, nel ruolo che al Barcellona faceva Messi, Stevan Jovetic. Sembrava una variante di poco conto, ma l’Inter di Stramaccioni fu schiantata con un 4-1 che non lasciò spazio ad ulteriori speranze di scudetto per i milanesi e chiuse forse la carriera ad alto livello di Stramaccioni. Jovetic si lamentava del suo ruolo di centravanti arretrato, e segnava poco, ma Cuadrado e Ljajic avevano preso a segnare regolarmente e chiusero la stagione con il loro migliore score. La Fiorentina incominciò ad infilare una serie di vittorie impressionante. Perse con la Roma, pareggiò ingiustamente con il Milan, per arrivare quarta ad un soffio dalla terza.
In previsione della partenza di Jovetic, la cui ambizione non era più soddisfatta dalla piazza, era stato acquistato, a gennaio, Giuseppe Rossi. La squadra per la nuova stagione pareva già fatta, con la conferma di Cuadrado e Ljajic e Rossi al posto di Jovetic. A quel punto accadde un fatto assurdo, anziché continuare sulla via tracciata si decise di cambiare tutto, di prendere un centravanti di area come Gomez che precludeva il 4-3-3, il modulo più produttivo e spettacolare, ci fu anche la cessione di Ljajic, compensata dall’arrivo di un campione spagnolo già in là con gli anni, Joaquin.
Si tornava a giocare in altro modo, con due punte, e nella migliore partita la Fiorentina rispolverò addirittura, assente Cuadrado, il 4-4-2. Ma poi Gomez si fece male e Montella dovette ricominciare da capo. Ora bisognava lavorare di fino, sulla rosa esistente. La mancanza di Gomez rimetteva al centro del progetto la possibilità del 4-3-3. Ma Cuadrado e Joaquin giocavano tutti e due come esterno destro. La partita con la Juve incominciò con la Fiorentina schierata con un 3-5-2 anomalo e prudente: accanto a Giuseppe Rossi giocava Aquilani. Alla fine del primo tempo si perdeva per 2-0 e la Juve aveva dominato. La disperazione ispirò Montella in quella che si rivelò la mossa decisiva, un 4-3-3 restaurato in cui Cuadrado diventava esterno sinistro e Joaquin si spostava a destra con Rossi unica punta. Come già l’Inter di Stramaccioni anche la Juve di Conte fu schiantata: quattro goal in mezz’ora. Distrutti, annichiliti. Il goal simbolo, quello che ci portò in vantaggio per 3-2 venne segnato da Joaquin nella classica posizione dell’esterno destro, con una penetrazione in area. A gennaio Giuseppe Rossi si infortunò. Montella restò a Firenze ancora per un anno e mezzo, ma quella squadra e quel tipo di gioco entusiasmante non si rividero. Era durata meno di un anno solare, dal marzo 2013 al gennaio 2014.
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Redazione LaViola.it