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Il Blog dei Tifosi – Non salta la panchina?

Palladino - Fiorentina

Risultati deludenti e tensioni interne mettono in discussione il futuro del tecnico sulla panchina della Fiorentina

Nell’azione immediatamente precedente il gol Gineitis, Dodo si è ritrovato a difendere in mezzo all’area di rigore su un lancio del portiere contro un avversario che gli dava almeno trenta centimetri d’altezza. Alla ripresa del gioco dal fondo, Comuzzo appoggia la palla a un Adli marcato, con la squadra tutta spalmata sul campo, con le distanze completamente saltate. Buttata una partita giocata per un’ora in superiorità numerica, Palladino si arrampica sugli specchi in conferenza stampa, parlando di personalità, di squadra giovane, sembra aver perso la sua verve dialettica, la voce da cane bastonato, per niente lucido nell’analisi. È arrivato il momento di andare?

Reduce da due soli punti nelle ultime sei partite, non è detto che la Fiorentina abbia toccato il fondo. Se l’anno passato il problema dei viola era la continuità, non si può dire che la squadra di quest’anno ne faccia difetto: a 8 vittorie e 1 pareggio in nove partite sono seguite appunto 4 sconfitte e 2 pareggi nelle ultime sei. Continuità, tanto nelle vittorie come nelle sconfitte. A meno che non si voglia far seguire un record negativo a quello positivo, sarebbe arrivato il momento di invertire il senso di marcia, ma su quali presupposti?

Palladino sembra normalmente un tecnico piuttosto sicuro di sé, o in alternativa un giocatore d’azzardo che ama le puntate rischiose. La ripresa di gioco e risultati doveva essere, secondo lui, la conseguenza di una riunione tecnica che, parole sue, non ha precedenti nella sua pur breve carriera di allenatore, e dell’intenso lavoro settimanale che ne è seguito. Solitamente abile nella dialettica, Palladino nasconde sotto il tappeto delle parole problemi, conflitti e mancanze, tanto sue come di dirigenza e rosa, dove quest’ultima diventa il campo di gioco in una partita fra lui e il direttore Pradè.

Ingaggiato come giovane allenatore emergente, Palladino comincia dalla tournée estiva in Inghilterra fino alla fine del mercato un pressing asfissiante quanto sornione verso i responsabili del mercato, all’insegna dell’ormai nota formula “devono arrivare nuovi giocatori, ma sono tranquillo perché la società sa cosa deve fare e sta lavorando“: palla nella metà campo di Pradè, che evidentemente non si aspettava un mister con questo carattere, se alla conferenza stampa di fine mercato, dopo avergli preso sei giocatori negli ultimissimi giorni di agosto, risponde a Palladino dicendo che “spetta all’allenatore saper migliorare i giocatori“, prendendo come spunto la questione della difesa a tre o a quattro.

Tutto tace fino alla partita con il Napoli, quando Pradè parla di mancanza di umiltà e di suicidio, per poi rincarare la dose con le note dichiarazioni di Monza, alle quali Palladino replica prima definendo una “follia” l’ipotesi di un gruppo poco professionale, e poi prendendo l’uscita del direttore come uno sprone.

Ma nel frattempo si è arrivati alla separazione, ancora da perfezionare, con l’ex capitano Biraghi, e a quella già andata a buon fine con il ‘Chino’ Quarta, il quale nella conferenza di fine mercato Pradè aveva indicato come uno dei leader della difesa, il cui contratto era stato rinnovato appena qualche mese fa, poco prima dell’arrivo del nuovo mister. Segno questo, che le dinamiche di spogliatoio non hanno seguito gli intendimenti della dirigenza, e che tutto non sta procedendo in perfetta armonia come Palladino tiene a dirci ogni volta.

Altro segno di incrinatura è la parabola di Kayode: da promessa a giocatore scomparso, che non trova spazio nemmeno nelle ultime partite di Conference League, indegno di prendere il posto anche del peggior Dodo mai visto a Firenze in queste ultime gare. Anche lui è prossimo alla cessione. Se prendiamo in parola Pradè, cioè che l’allenatore ha il compito di migliorare i giocatori e trarre da ognuno di loro il meglio, la missione di Palladino sembra avviata al fallimento, avendo tracciato un solco profondo con alcuni elementi, specie della vecchia guardia, con le eccezioni di Ranieri, Dodo, Sottil, e il lancio in grande stile di Comuzzo.

Si potrebbe dire che non c’era molto altro da salvare fra i reduci dell’anno scorso, e che il comportamento di alcuni, Biraghi in primis, ha lasciato molto a desiderare. Ma anche fra i nuovi arrivati lo scorrere del campionato ha mostrato più di un problema: Gud non rende, così come non funzionano il pupillo Colpani e il desaparecido Pongracic, Richardson si è preso una tirata d’orecchi a dicembre, mentre Moreno ha avuto poche occasioni per abituarsi al nuovo contesto, esordendo in Serie A solo due settimane fa.

Al conflitto sotterraneo fra direttore e mister si aggiunge quello tra mister e una parte della squadra, e potrebbe avere conseguenze nel proseguimento di stagione, poiché al di là delle questioni dialettiche e caratteriali, nessuna dirigenza ama veder tagliati fuori giocatori su cui faceva affidamento, peraltro alcuni dei quali acquistati (Pongracic, Richardson) o su cui aveva puntato forte (Gud, il ‘Chino’, Kayode).

L’ipotesi che la dirigenza abbia scelto i cavalli sbagliati non è affatto da escludere, tuttavia mentre a Monza Pradè ha ricordato che il mercato serve anche a risolvere problemi di mal di pancia, lo stato delle cose, se non corroborato dai risultati, potrebbe portare la dirigenza a dover scegliere già in un prossimo futuro fra giocatori e mister. Il quale mister, se intenzionato a tener duro sulla sua linea di gestione, potrà guadagnarsi la riconferma per l’anno prossimo solo centrando il massimo risultato possibile, ovvero la qualificazione in Champions League: per sua stessa ammissione, l’allenatore ha avuto dal mercato tutto quello che ha chiesto, ha estromesso gli elementi che non ha ritenuto all’altezza, e la classifica parla più chiaro delle dichiarazioni in conferenza stampa.

Ho idea che Pradè si sia pentito della scelta fatta già in una fresca serata d’agosto nello Yorkshire, tuttavia è compito della dirigenza gestire il gruppo squadra e lo stesso allenatore, prima di tutto sul campo d’allenamento e poi davanti ai giornalisti. Al contrario, il direttore sembra aver preso di punta l’allenatore, giocando con lui alla luce del sole una partita sulle responsabilità dell’andamento della squadra, sulla pelle dei giocatori e dei tifosi.

Da parte sua, Palladino ha messo troppe fiches sulla sua bravura di condottiero e tecnico preparato, escludendo un fattore importante: la dirigenza lo ha assecondato. E se tutto fosse andato bene il merito sarebbe stato della sua leadership e della sua sagacia, adesso le responsabilità ricadono sulle sue spalle.

di Pierre Bayle

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