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Il Blog dei Tifosi – Kairós

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L’incontro tra Italiano e la Fiorentina è la vera personificazione di ciò che significhi il trovarsi al posto giusto nel momento giusto

Il mio primo eserciziario di greco, ai tempi del ginnasio, si intitolava proprio così: “kairós”. All’epoca, ero tutto fuorché uno studente assennato e disciplinato – tanto da aver anche ripetuto un anno – ma possedevo, e mantengo tuttora, una curiosa e spiccata passione per l’etimologia. Fu quella, più che il desiderio di apprendere la lingua da cui si origina il pensiero occidentale, a spingermi a leggere avidamente, in un pomeriggio di ormai quasi venti anni fa, la prefazione al testo per scoprire cosa significasse quel particolare e misterioso vocabolo.

Stando alla corrente definizione, kairós è la “personificazione nonché divinizzazione del momento opportuno”, e gli autori scelsero perciò questo titolo come invito allo studente a cogliere l’opportunità, per l’appunto, di dedicarsi con impegno allo studio del greco svelando così i molti segreti di una civiltà nel suo complesso inesauribile. Come ho già detto, sulle prime non colsi affatto quell’invito, ma continuando a crescere la complessità di quel concetto, ovverosia il momento opportuno, che inizialmente credevo limitata a una dimensione teoretica e muffita – da professori aridi e svampiti – non ha smesso di accompagnarmi, facendo capolino spesso nelle situazioni più impensate. Sia nella vita di tutti i giorni, com’è ovvio, ma anche negli studi successivi: e più maturavo l’idea che la realtà fosse sempre intellegibile e ordinata, meno trovavo riscontri certi; e anche nel magnum opus di chi, come Ludwig Wittgenstein, della chiarezza logica è stato uno dei maggiori esponenti, leggiamo infatti: “non come il mondo è, è il Mistico, ma che esso è.

Misticismo, divinizzazioni, irrazionale: come si lega tutto ciò alla Fiorentina attuale? A mio parere, in maniera incredibilmente netta. Non è arduo, hic et nunc, spiegarsi e spiegare come giochi la Fiorentina di Vincenzo Italiano: “squadra” (dunque non insieme più o meno coeso di 11 individualità) gagliarda e ordinata, che ragiona sempre come un collettivo anche al sostituirsi a gara in corso di alcuni interpreti, che ha fame di calcio e di vittoria e il cui canovaccio tattico – predominio nel possesso e feroce riconquista della palla a tutto campo, con pressione costante e scientifica sull’avversario – è sulla carta così semplice, ma talmente sincronizzato, armonico ed efficace da essersi rivelato non solo meramente produttivo sul piano dei risultati, ma anche discretamente ostico per chiunque ci abbia affrontato finora. Chi ci ha battuto, ha quasi sempre dovuto sudare le proverbiali sette camicie o beneficiare tanto di un imponderabile colpo di fortuna che delle sviste di qualcuno dei nostri.

Il “Mistico” non si cela dunque nei metodi del nostro allenatore o nel come esploda domenica dopo domenica il piede sinistro del nostro alfiere principale, Dusan Vlahovic; più misteriosamente, si rivela proprio pensando al banale fatto che questa Fiorentina sia potuta essere; chi scrive, in estate non aveva affatto salutato l’arrivo di Vincenzo Italiano con entusiasmo, tutt’altro: trattavasi in mia opinione di mossa disperata, nonché dettata da conseguenze spiacevoli e originatesi dalla brusca rottura con l’immediato “quasi” predecessore di Italiano stesso, Gennaro Gattuso, di cui mantengo stima professionale e che ai miei occhi, più che gioco spettacolare e risultati certi, avrebbe plausibilmente garantito a noi tifosi quella capacità di confronto schietto e diretto, soprattutto sul modo di condurre il mercato e rapportarsi agli obiettivi che un club glorioso come la Fiorentina dovrebbe sempre avere, con la proprietà Commisso e che – per alterne e non sempre felici ragioni – non era mai stata all’ordine del giorno.

Tutto ciò ormai appartiene al passato (e alla ben nutrita serie di “mancati”) e sono state spese molte parole a riguardo, anche aspre. Alcune delle quali, che appartengono a una delle colonne portanti di questo spazio e che non faticherà a riconoscerle come proprie, hanno letto negli atteggiamenti del nostro presidente la volontà, squisitamente personale, non di realizzare con coerenza e -contestualmente – basso profilo un progetto sportivo accettabile con obiettivi anche minimi, ma chiari e trasparenti, quanto di volersi “appropriare” (le virgolette sono d’obbligo) via via di alcuni simboli, come Chiesa, Gattuso e, da ultimo, Vlahovic. Il miglior giovane italiano, un ex campione del mondo, l’attaccante che mezzo mondo attualmente desidera: emblemi di successo ben adatti a chi, sul come si arrivi al successo, potrebbe tenere lezioni. Era, se non logico, quantomeno ipotizzabile che un tecnico misconosciuto e reduce da una lotta salvezza come Italiano non solleticasse affatto le fantasie di Commisso, quanto maggiormente – e col senno del poi, felicemente – quelle del direttore sportivo Pradè: come che sia, e chiunque ne rivendichi la paternità, la magia che la Firenze sportiva sta vivendo è innegabile così come -tornando al nostro argomento di discussione- è altresì innegabile sostenere con il solo strumento della razionalità, dunque con dovizia di motivi, che una rosa reduce da due stentate salvezze e poco o punto rivoluzionata sul mercato, unita ad un tecnico con una sola esperienza in Serie A, potessero dar vita a un matrimonio così felice.

Kairós, dicevamo: sembrava lo avessimo lasciato lì, come incipit fiorito e aulico di un pezzo pretenzioso, eppure eccolo qui, ben presente e -lo immagino- che se la ride di gusto di fronte alle nostre granitiche convinzioni estive e non, le nostre tabelle, medie gol e punti, e così via. L’incontro tra Italiano e la Fiorentina è la vera personificazione di ciò che significhi il trovarsi, di molti fattori anche estremamente disomogenei, al posto giusto nel momento giusto. Un tecnico rampante, affamato e senza dubbio preparato, alle prese con un gruppo rinnovato solo parzialmente e per di più col morale a terra, i cui principali attori sono per giunta alle prese con situazioni contrattuali, come si sa, abbastanza complesse. Eppure il risultato va ben oltre la somma dei singoli elementi e negare che tutto ciò stia accadendo per davvero significherebbe essere miopi.

Una miopia che, e vado a concludere, mi auguro non colga la nostra dirigenza, passata in poco tempo dall’inferno al paradiso e mai come adesso reale arbitro del nostro futuro, sia a breve che a lungo termine. Sì perché kairós, come tutti gli Olimpici, sa anche essere birichino e, proprio quando si crede di aver le carte giuste e tutto sotto controllo, confidando nel proprio talento e nella logica, ecco che il momento opportuno se n’è già andato e ci si ritrova smarriti e beffati come Penteo. Gestire una società di calcio, come si sa, è complesso e ancor più complesso – vale per ognuno di noi – è perseverare nei successi evitando errori e rovinose cadute. Il fato ci ha teso la mano: e nel giro di pochissimo tempo la Fiorentina è tornata ad essere una realtà rispettata e temuta, nonché (finalmente!) competitiva per posizioni di prestigio. Cullarsi sul successo ritenendosi aquile ed evitando così di pianificare a dovere il futuro per il sottoscritto sarebbe un imperdonabile errore. Perché se è vero che – come l’articolo vuole suggerire – non tutto è razionale e logico, e ci sia una innegabile componente “altra” che sempre sfugge, è anche vero che predisporsi all’ascolto del kairós, intuendone così l’arrivo, è consigliabile.

Non ho perciò (ci mancherebbe) ricette pronte sul cosa dovrebbe essere fatto e come mantenere viva questa magia, ma qualche banale idea di discussione: Vincenzo Italiano sta dimostrando di essere un leader meritocratico e la Fiorentina un gruppo finalmente sano e disponibile. L’ingresso di figure “pesanti”, anche se di indubbio valore tecnico (penso a Domenico Berardi) potrebbe essere un azzardo come lo fu ai tempi, per alterni motivi, l’acquisto di Mario Gomez. La possibile perdita di Vlahovic getta già nello sconforto, eppure per chi scrive è sempre la squadra a vincere o a perdere, e il campione senza dubbio aiuta, ma non ne deve mai rappresentare l’esclusivo ago della bilancia (e chi ha imparato a conoscermi sa quante volte io abbia invitato alla diffidenza nei confronti tanto di Chiesa che, soprattutto, della morbosa dipendenza che legava a lui soltanto tutto quel “mondo” Fiorentina). Specialmente quando quel campione, come fu appunto Chiesa e come lo è Vlahovic, ha poi un valore di mercato “ideale” che quasi pareggia il fatturato annuo del club e dunque difficilmente gestibile anche per un imprenditore solido come lo è Commisso.

Questioni complesse che dovranno essere trattate nelle sedi appropriate ma ritengo che una politica di consolidamento a piccoli passi, senza isterie né drammi, ma anzi, di lucida gestione delle possibili crisi (che come la cultura nipponica ci insegna grazie al proprio originale metodo di scrittura, altro non è che la giustapposizione di due kanji: “pericolo” e “opportunità”) possa giovare tanto alla ancora giovane Fiorentina targata Commisso che alla carriera, che ci auguriamo lunga e perché no, il più possibile fiorentina dell’ottimo Italiano.

Fiorentina giovane come giovane era Icaro: la cui storia ritengo sia ben nota a tutti. Più prosaicamente, per politica dei piccoli passi intendo il raggiungimento e successivo consolidamento di una posizione europea minore, con un occhio di riguardo al monte ingaggi, alla continuità professionale degli interpreti (in primis dell’allenatore) e all’insegna di un illuminato autofinanziamento: è già stato reso noto che in assenza di infrastrutture di proprietà sognare in grande non ci è concesso, ma ciò non implica la mera rassegnazione al dato di fatto, ai numeri, come appunto la vicenda Italiano – Fiorentina sta a dimostrare. E la stessa “questione Vlahovic” potrà rappresentare tanto un serio pericolo, quanto – per l’appunto – un’opportunità. Buon lavoro a tutti dunque: la situazione è dunque fortemente propizia, come propizi sembrano esserci gli dei. Tifiamo anche per costoro dunque, e di meritare ancora molto a lungo le loro simpatie.

di Quentin Compson

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