Tornare alla vittoria e costruire una striscia positiva di risultati, oggi una chimera, è l’unica soluzione per placare gli animi. Tuttavia, le frizioni tra tifo e proprietà non sembrano poter cessare
Quando una squadra come la Fiorentina non vince in campionato da otto partite le polemiche sono inevitabili. La contestazione si allarga e abbraccia ora tutte le parti in causa.
In primis, la proprietà. Una contestazione che parte da lontano, si interrompe per la tragedia da Astori e riprende nel 2018-19. Sin dalla prima di campionato con il Chievo, la Curva Fiesole ha mandato un messaggio più che chiaro: i Della Valle devono vendere la Fiorentina. In quell’occasione, visto il roboante punteggio in favore dei viola, il resto dello stadio fischiò gli ultras gigliati, giudicando inopportuna una contestazione mentre la squadra stava vincendo 3-0 e c’era entusiasmo per un mercato che in quel momento pareva essere soddisfacente.
La Curva ha imparato la lezione, ma non ha mai cambiato idea, tanto che gli stessi cori contro la proprietà sono tornati contro la Juventus e nessuno si è azzardato ad esporre disappunto. Questa è l’ennesima dimostrazione che gran parte dell’umore del tifo viaggia di pari passo ai risultati della squadra. Ciò non toglie che a Firenze ci sia uno “zoccolo duro“, al quale negli ultimi giorni si stanno aggiungendo anche esponenti di prestigio della carta stampata locale – ulteriormente infastiditi dal silenzio dei fratelli marchigiani negli ultimi mesi – , che non vede altra soluzione se non una cessione societaria da parte della famiglia Della Valle, a prescindere dai risultati di squadra.
A tutto ciò oggi si aggiungono le inevitabili critiche a tutti gli altri settori della Fiorentina. A partire dalla dirigenza, visto che il valore dei mercati effettuati dal Corvino-bis sta scendendo di giorno in giorno. Fino ad arrivare alla squadra, contestata a Sassuolo nonostante la reazione di orgoglio nell’ultimo quarto d’ora avesse permesso alla Fiorentina di agguantare un insperato pareggio. Questo perché nelle ultime partite si è vista una squadra molle, alla quale è mancato anche l’approccio alla partita. Senza alcun segno di quel mordente che ad inizio campionato colmava le oggi evidenti lacune tecniche della rosa.
Stefano Pioli a Sassuolo ha fatto ciò che in molti si auspicavano: ha provato a cambiare qualcosa. Ma i risultati sono stati peggiori di ciò che si era visto in precedenza. Alcuni giocatori sono a tratti impresentabili, e qui l’esempio di Pjaca calza alla perfezione. Tuttavia, c’è da dire che quando la Fiorentina entra in campo così rinunciataria l’allenatore non può essere esente da responsabilità. Ci spiace Stefano, ma il bicchiere non può essere mezzo pieno. Non può bastare un pareggio acciuffato all’ultimo istante.
La cura migliore nel breve periodo si chiamano ancora una volta risultati. Quella maledetta vittoria, diventata un miraggio, ogni partita diventa più necessaria. Figurarsi domenica, quando di fronte ci sarà una squadra in forma ed agguerrita per la rivalità storica come l’Empoli. Occorre chiudere il 2018 con un trend positivo, perché gli avversari sono alla portata della Fiorentina (Empoli, Parma, Genoa; unico avversario di livello il Milan a San Siro il 22 dicembre). Poi si potrà sperare in qualcosa dal mercato di gennaio, mercato che difficilmente però sposta gli equilibri di una squadra, essendo per definizione “di riparazione”.
Di certo, la voragine aperta con la proprietà nel famigerato gennaio 2016 non si chiuderà. I risultati positivi, che oggi sembrano una vera e propria chimera, potrebbero nascondere, rimandare, procrastinare. La parte più volubile del tifo fiorentino smetterebbe di contestare, rimanendo in silenzio. Ma non si torna più indietro: le parti in causa non intendono arretrare di un centimetro. E se invece la Fiorentina continuasse a navigare nella mediocrità? Prepariamoci ad un 2019 caldissimo…
Di
Marco Zanini