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Guido racconta Sene: “Si presentò con una scarpa da calcio e una da basket, ma voleva diventare un campione”

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Le dichiarazioni del primo allenatore del giovane attaccante viola

Diego Guido, ex allenatore dell’attaccante della Fiorentina Primavera, Fallou Sene ai tempi del Copertino, ha parlato a Gazzetta.it e ha raccontato di quando lo vide per la prima volta arrivare al campo  con una scarpa da calcio in stoffa e un’altra da basket: “Due minuti dopo gli ho detto che sarebbe rimasto con noi. La sua era una famiglia umile, pagare la retta sarebbe stato un sacrificio troppo grande. I soldi non erano un problema. Volevo assicurare un futuro a Fallou. Si arrangiavano come potevano, lui non si è mai lamentato. Pensava soltanto a diventare un campione”.

SCARPINI. “Non era abituato, avrebbe voluto restare scalzo. A 11 anni correva già fortissimo e aveva una potenza di tiro fuori dal comune. Per farlo stare più comodo gli regalai un paio di scarpette. Ma giocava con così tanta intensità da rompere sempre le suole”.

COPERTINO. “La nostra era una piccola società dilettantistica, non potevamo permetterci granché. Però quel gruppo era unico. Sfidavano i ragazzi di due anni più grandi sul campo a undici. In un torneo a Otranto, Fallou aveva iniziato da pochi mesi. Dovevamo affrontare il Sassuolo, dopo dieci minuti mi chiesero di farlo uscire. Non aveva ancora segnato, ma lo marcavano in tre”.

PROVINI. “Sene partì per un provino, ma era troppo piccolo per lasciare la Puglia. Ci chiamò anche la Juve, che organizzò una settimana di stage per Fallou. Il primo giorno si allenò in U14, il secondo in U16 e al terzo lo aggregarono alla Primavera. Nel fine settimana a un certo punto non lo trovavano. Aveva scavalcato il campetto per raggiungere la prima squadra. Ammirava Dybala e Pogba. A Paulo disse di aspettare qualche anno e che presto avrebbero giocato insieme”. 

BARI. “Al primo allenamento gli riuscì un tunnel e un passaggio no-look. Servì pure due assist. Non aveva mai avuto un materasso con la rete, per lui era una novità. Tornava a Copertino ogni due settimane. Lo andavo a prendere in auto per portarlo a casa. Aveva bisogno di passare del tempo con sua madre”.

STIMOLI. “Se segni tre gol di sinistro, ti compro il gelato. E puntualmente dovevo accontentarlo. Ho provato a renderlo forte nelle vittorie e pure nelle sconfitte”.

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