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Gosens: “L’università mi ha liberato la mente. In futuro farò lo psicologo”

Le dichiarazioni dell’esterno viola

L’esterno della Fiorentina, Robin Gosens ha parlato a Cronache di Spogliatoio: “Non siamo solo calciatori, ma anche umani. Sembra banale ma è così alla fine. Abbiamo dei problemi. Non sempre ci alziamo col piede giusto. Nella nostra società i problemi mentali sono visti come un tabù, come debolezza e anche i calciatori spesso decidono di stare zitti e questo non aiuta nessuno. Se facciamo l’esempio di un atleta professionista che entra in campo e fa schifo, ma a questi problemi e non ne parla, nessuno lo può aiutare. Di conseguenza dovrebbe esserci un modo per aprirsi. Noi abbiamo la responsabilità di dire che siamo con lui, ma dobbiamo fargli capire che si deve aprire. Se ti apri aiuti tanti”.

UNIVERSITÀ. “Onestamente era uno stimolo fare queste cose. Andare all’università durante la mia carriera mi ha aiutato tanto a staccare la testa. Quando pensi solo al calcio, alle situazioni di campo, puoi anche incontrare delle difficoltà, invece l’università mi ha liberato la mente e mi ha fatto confrontarmi con me stesso. Mi ha dato tanti impulsi positivi.  Non ho mai pensato che fossero cose che di solito si fanno dopo aver concluso la carriera da calciatore”.

PRESSIONI. “Io ho sempre cercato di diventare la versione completa di me stesso. Se il libro e l’università mi aiutano in questo, lo farò. È vero che ci sono tante pressioni. È vero che siamo sempre sui social, sui giornali, ma io voglio crescere a livello personale. Se non faccio altro oltre al calcio vado in difficoltà. Già adesso mi sto informando su cose che dopo la mia carriera potrebbero essere un valore aggiunto per me. Io cerco di completarmi. Con la mia laurea sono sicuro che andrò a lavorare come psicologo: voglio aiutare i giovani che soffrono la pressione, e altre malattie. La combinazione tra università e il fatto che sono un giocatore che ha vissuto queste paure, può essere molto interessante. Se uno mi racconta la sua malattia o pressione, io lo sento perché sono stato nella sua stessa situazione”.

SOLDI. “Anche con tanti soldi non ti puoi comprare la salute. Un calciatore guadagna tanto, ed è così, è vero, e per quello dobbiamo accettare che c’è sempre una giustificazione alle critiche esterne, è il nostro lavoro, ma la gente deve capire che un calciatore con tanti soldi può avere problemi in famiglia, di salute, esterni, mentali, e non può andare in farmacia per comprarsi la medicina e aiutarsi a stare bene, non funziona così. Di conseguenza il tifoso deve capire che anche guadagnando, puoi avere problemi mentali o stare male. Se l’argomento è sempre ‘Hai tanti soldi e sei un privilegiato’, che è vero, assolutamente vero, la realtà allora non va d’accordo con il fatto che comunque puoi avere questi problemi. Forse il tifoso non è pronto per capirlo, ma è la realtà”.

PSICOLOGO. “Credo sia fondamentale avere uno psicologo sempre presente con la squadra, dedicato esclusivamente ai giocatori. Molti di loro temono di aprirsi per paura che le loro confidenze vengano condivise con i dirigenti. È essenziale creare uno spazio sicuro in cui ogni giocatore possa esprimere le proprie emozioni senza timore di giudizio”.

MANCATA CONVOCAZIONE ALL’EUROPEO. “Mi ha distrutto. Io sono uno che sogna tutti i giorni. Senza i miei sogni non posso esistere. Giocare l’Europeo nel mio Paese era il sogno più grande. Quando ricevi la chiamata di Negelsmann che ti dice che non ci sei ti cade il mondo perché ci ho creduto fino all’ultimo momento. È stata una caduta importante e di conseguenza ho dovuto parlare tanto col mio psicologo per mettermi in ordine mentalmente. Ho pianto quando ho saputo che non sarei stato convocato. Avevo lavorato tanto tutto l’anno per quell’obiettivo. Da anni vado dallo psicologo e non mi vergogno. Avevo bisogno di una persona che non mi giudicasse, ma che mi ascoltasse”.

SCRITTURA. “Eravamo in pandemia, un periodo bruttissimo. È stato un momento in cui ho pensato tanto, mettevo nero su bianco i miei pensieri, in un documento sul computer. Ne parlavo tanto con mia moglie, e lei mi ha detto: ‘Robin, se tu hai la sensazione che hai qualcosa da raccontare, continua a farlo’. Ci ho pensato tanto in quel periodo, c’erano tanti ragazzi che mi scrivevano: ‘La tua storia è di ispirazione, a 20 anni eri ancora lontano dai professionisti e poi ce l’hai fatta’. Quindi ho pensato che sarebbe stato interessante, è piaciuto tanto a mia moglie innanzitutto, che è il giudice più importante, oltre al primo. E quindi ne è nato un progetto di cui sono orgoglioso. Se ci penso mi viene da ridere: il Vitesse mi ha preso dopo avermi visionato in una partita in cui praticamente ero ancora ubriaco dalla sera prima! Serve anche essere nel momento giusto, nel posto giusto. E fare i passi giusti”.

MESSAGGIO AI GIOVANI.Ricordatevi che dietro a un profilo, c’è una persona. C’è sempre il modo di dire un concetto nel modo giusto. Siamo calciatori ed è giusto che qualcuno non sia d’accordo con la nostra prestazione. C’è sempre il modo per far accettare una critica, non c’è nessun problema in questo. A volte ho la sensazione che là fuori si dimentichi che c’è una persona che ci tiene dietro a quel profilo. Che legge i commenti e sta male. E non ho la sensazione che se ne rendono conto. O forse sì, ma dicono che va bene lo stesso. Ma non va bene lo stesso, perché forse sta soffrendo. Anche io ne ho sofferto, qualche anno fa ho scelto di non leggere più, neanche quando le cose vanno bene. Perché ho avuto problemi di up and down: se facevo bene, ero importante; se facevo male, ero scarso. Ho preso la decisione di non leggere più niente per essere equilibrato con me stesso. Tutti devono scriverci quello che hanno in mente: ma se non sono contenti, devono avere il modo giusto per dirlo”.

 

 

 

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