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Gli occhi e la fame di Ribery, lo spirito di gruppo, la crescita di Jack e Vlahovic, e principi di gioco che iniziano a vedersi. Il futuro, adesso, fa meno paura

Ribery

Gli occhi e la fame di Ribery dopo il gol; lo spirito di gruppo e la crescita di singoli come Jack e Vlahovic; principi di gioco che iniziano a vedersi dopo il lavoro di Prandelli. Il futuro per la Fiorentina fa meno paura

Qualcosa si inizia a vedere. Il lavoro di Cesare Prandelli sta dando, pian piano, i suoi frutti. Non tanto perché la zona calda sia così più lontana rispetto a qualche settimana fa, ma quanto perché si inizia a vedere continuità e crescita. Sia nei singoli, che nel collettivo.

SINGOLI. Bonaventura è tornato ad essere determinante, sia nella finalizzazione che nel suggerimento. Proprio come faceva al Milan solo pochi mesi fa. Lo ha sottolineato anche Ribery: “quella giocata, quel gol, tanta roba”. Esattamente ciò che si aspettava da Jack la Fiorentina, la qualità. Questo Bonaventura è tutt’altro giocatore rispetto a quello visto per larga parte di girone d’andata: più dinamico, più dentro il gioco e più lucido. Vlahovic continua il suo percorso di crescita. A Torino ha preso un palo, fatto un gol di destro annullato per pochi centimetri, e ha fatto a sportellate per tutta la gara. Il controllo di palla sul pallone di Ribery che il serbo ha spedito sul legno evidenzia ulteriori progressi, così come nell’utilizzo del piede debole. E poi c’è Ribery. Quando Franck gioca così si vede poco, ma fa solo cose determinanti. Avrebbe collezionato due assist e 1 gol, tutti bellissimi. Si è dovuto accontentare della gioia del primo sigillo stagionale. Ribery è tornato. Quegli occhi pieni di rabbia dopo il gol siglato a Torino la dicono lunga. Lontani i tempi in cui si sbracciava desolato perché nessun compagno riusciva a leggere i suoi suggerimenti, né tanto meno a capirli. Serviva lavorarci, e così è stato fatto. Dalla giocata del gol di Vlahovic col Crotone a quelle di Torino, i risultati si vedono. Anche perché Castrovilli, Bonaventura e Vlahovic, adesso, sanno cosa fare quando il francese ha il pallone tra i piedi.

SPIRITO E FAME. Se non ci fosse stato Di Bello, staremmo a parlare di altro. Ci stava il rigore per il Torino nel primo tempo così come il rosso a Castrovilli. Eccessivo, invece, quello a Milenkovic. Ma al di là dei cartellini, è stata le gestione della gara da parte dell’arbitro a far precipitare le cose in campo a Torino e ad indirizzare la gara nella direzione che poi ha preso. Resta una Fiorentina che è scesa in campo con fame, spirto e compattezza. Nel momento dell’inferiorità numerica prima, non rinunciando alla ricerca della vittoria, e nel momento di doppia inferiorità poi, nel tentare di resistere fino alla fine. Un pizzico di attenzione in più, da Pezzella a Quarta, avrebbe potuto far inserire questo Torino-Fiorentina nella lista delle missioni eroiche della Fiorentina. Ma tant’è.

FUTURO. Il futuro, alla luce dei buoni elementi che ha lasciato la gara contro i granata, fa meno paura. Difficilmente ci sarà spazio e modo per vedere una Fiorentina spregiudicata, votata all’attacco, come a Napoli. Ma con gli innesti, seppur graduali, di Malcuit a destra per dare spinta e Kokorin davanti per trovare con maggior facilità la via del gol, c’è di che essere speranzosi per continuare a fare passi in avanti. Già dalla gara con l’Inter di venerdì prossimo ne sapremo di più. Contro la squadra di Conte mancheranno Milenkovic e Castrovilli. Ma con lo spirito, i principi di gioco e la fame vista col Torino (e col Crotone) non è il caso di far drammi. L’ago della bilancia, anche di fronte a questi ostacoli tra cui il peso specifico dell’avversario, pende più verso fiducia e ottimismo. La parola chiave, adesso, dovrà essere continuità.

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