Tanti rimpianti a San Siro per la giovane Fiorentina. Ma i viola, penalizzati dalla direzione di gara, crescono in personalità e consapevolezza nei propri mezzi
2-1 per l’Inter. È andata così. Come si pensava dovesse andare da pronostico, come nessuno si immaginava dopo un secondo tempo dominato dalla Fiorentina. La squadra di Pioli torna da San Siro arrabbiata e con tanti rimpianti, perché tutto si può dire tranne che la vittoria dei nerazzurri sia meritata.
LA PARTITA. Nel primo tempo, dopo un ottimo approccio nelle prime fasi di gioco, i viola soffrono l’Inter. Soprattutto, patiscono la pressione che gli uomini di Spalletti portano a ridosso dell’area gigliata e la posizione di Nainggolan, troppo spesso libero dalla marcatura di Veretout.
CHE SECONDO TEMPO! Tuttavia, la reazione gigliata nella seconda frazione è encomiabile. In fase offensiva i viola trovano continuità, brillantezza e tanta qualità. Chiesa cambia passo, diventando letteralmente imprendibile per la difesa nerazzurra, l’ingresso di Pjaca (al posto di uno spento Simeone) porta imprevedibilità alla manovra. Convince anche Mirallas, alla prima da titolare, che colpisce anche un palo nei minuti iniziali.
L’Inter punisce nel momento migliore della Fiorentina. Quando la fantasia dell’attacco gigliato, comunque troppo sprecone, aveva messo alle corde la squadra di Spalletti. Quando Chiesa viene atterrato in area di rigore, Mazzoleni non fischia e gli uomini di Pioli dimostrano di essere ancora dei ragazzi, commettendo un’ingenuità che apre le porte al gol di D’Ambrosio.
IL PARADOSSO DI HUGO. Il paradosso della serata è tutto nella prestazione di Vitor Hugo: il brasiliano gioca una grande partita, cancellando Icardi insieme al compagno di reparto Pezzella e giganteggiando sulle palle alte (come al solito). Ma è colpevole in entrambe le reti dei nerazzurri: sul rigore salta con il braccio largo (appena sfiorato, solo il Var poteva pizzicare il tocco di polpastrelli del brasiliano); sul secondo gol esce completamente a vuoto su D’Ambrosio, che è così libero di ricevere il pallone di ritorno da Icardi. San Siro non è proprio uno stadio fortunato per il classe 1991.
MAZZOLENI, NON CI SIAMO. Chi non ha certamente convinto è Mazzoleni. Sempre lui. Il rigore concesso all’Inter è una finezza regolamentare, perché il braccio del brasiliano è sì largo, ma il movimento è totalmente naturale e il tocco è quasi impercettibile. Il penalty non concesso a Chiesa resta episodio dubbio. Soprattutto, con il risultato ancora sull’1-1 manca un evidente cartellino rosso ad Asamoah; a maggior ragione se il metro di giudizio è lo stesso che vede il direttore di gara concedere un calcio di rigore per un pallone sfiorato con il polpastrello. La Fiorentina non ha potuto fare altro che alzare la voce nel postpartita con Pioli, Antognoni e Cognini. Troppo tardi per portare indietro punti da San Siro.
QUESTIONE DI PERSONALITÀ. A prescindere dalla direzione di Mazzoleni, la Fiorentina torna a casa rammaricata ma con un accrescimento della consapevolezza nei propri mezzi. Perché la partita di Pezzella e compagni è stata comunque positiva, contro una squadra che possiede un organico superiore. Perché, a differenza di ciò che si è visto a Napoli, la squadra di Pioli ha dimostrato grande personalità, andando in crescendo dopo un primo tempo fatto di troppi errori sotto porta e nella prima impostazione. Una differenza di carattere, rispetto al San Paolo, che si è notata anche nei cambi dell’allenatore.
PRO E CONTRO DELLA GIOVENTÙ. La squadra ha mostrato due facce della stessa medaglia, l’entusiasmo e la leggerezza dei giovani come croce e delizia. La voglia di far bene tramutata in grinta e l’ingenuità in alcune situazioni, sia nella propria area che in quella avversaria.
Difficile mandar giù l’amaro in bocca per una sconfitta del genere. Ci possiamo però consolare guardando al futuro di questo gruppo. Con prestazioni come quella di ieri contro l’Inter, con la speranza di vedere una crescita nell’arco della stagione, questa squadra può regalare grandi soddisfazioni.
Di
Marco Zanini