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Genk, Galarza a VI.IT: “Viola forti, ma vogliamo arrivare in fondo. Nico? All’Argentinos mi rubava il pranzo”
Intervista al centrocampista argentino del Genk in vista della partita contro la Fiorentina
Scoprire giovani di talento, potenziarli e rivenderli, come con De Bruyne, Milinkovic-Savic o Koulibaly. Questa è la formula magica del Genk, prossimo avversario della Fiorentina in Conference League. In questo inizio di stagione, tra i giocatori più interessanti del club biancoblù c’è Matias Galarza, centrocampista argentino arrivato la scorsa estate dall’Argentinos Juniors per 6 milioni e protagonista nell’ultima giornata di campionato con il gol del 2-0 contro l’Union Saint-Gilloise. All’antivigilia della sfida della Cegeka Arena, LaViola.it ha contattato in esclusiva il classe 2002:
Giovedì c’è la Fiorentina, ma lei durante la pausa per le nazionali ha già ha avuto un assaggio dell’Italia?
“Sono stato in Sardegna, me l’avevano consigliata e mi sono innamorato. Qualche giorno di vacanza per ricaricare le pile in vista delle prossime partite”.
Come arrivate a questo appuntamento?
“Il gruppo è carico. Io sto bene fisicamente e mentalmente: sono contento perché sto giocando molto, anche in partite importanti”.
Dopo le eliminazioni ai preliminari di Champions ed Europa League, quali sono le vostre ambizioni in Conference?
“Le stesse, non disprezziamo questa opportunità rappresentata dalla Conference. Vogliamo andare più avanti possibile”.
E come primo avversario vi è capitata la Fiorentina, la finalista dell’ultima edizione…
“Mi sembra una squadra importante, un avversario difficile. Ci giocano Infantino, Martinez Quarta, Beltran e Nico Gonzalez che è cresciuto come me nell’Argentinos Juniors e ogni tanto seguo le loro partite. Sarà una bella sfida. Speriamo di poter andare in vantaggio e di essere forti qui in casa”.
Credit: KRC Genk
Conosce qualcuno dei suoi connazionali viola?
“L’unico è Nico Gonzalez, con il quale ho avuto modo di parlare direttamente e con cui ho tanti aneddoti. Lui viveva nella mia stessa zona in Argentina e andavamo agli allenamenti insieme all’Argentinos Juniors”.
Ci può raccontare uno di questi aneddoti?
“Quando ci allenavamo ci passava a prendere un pulmino e lui era uno dei più grandi, mentre io uno dei più giovani. Spesso loro ci rubavano il pranzo o altre cose (ride, ndr). Lui e altri erano quelli che comandavano. Poi quando uno lo vede giocare a certi livelli si ricorda di quei momenti”.
Gli ha già chiesto la maglia?
“Ho aspettato che tornasse in Italia perché era in nazionale e non volevo disturbarlo. Gli ho mandato un messaggio per metterci d’accordo e scambiarcela”.
Da anni il Genk si è affermato come un club modello in quanto a scouting e vendita di giocatori: come funziona e crede di poter essere il prossimo gioiello ad uscire da lì?
“Ci vedono bene sui giocatori, poi li preparano fisicamente e mentalmente. Fanno un grande lavoro per valorizzarli. Io sono concentrato sul presente e sui prossimi impegni”.
Dopo le difficoltà dello scorso anno, in questa stagione lei è partito forte: cos’è cambiato?
“La scorsa stagione ho avuto difficoltà di ambientamento. Gli allenamenti erano diversi da quelli in Argentina, qui c’è più tattica e intensità. Capire l’inglese all’inizio non è stato facile, ma i miei compagni sudamericani mi hanno accolto bene e mi hanno aiutato. Questa stagione è scattata una scintilla in me e sono riuscito ad adattarmi a quello che mi chiede l’allenatore e a interpretare più ruoli. Oggi mi sento un giocatore forte, se c’è da combattere per un pallone in mezzo al campo sono sicuro di poter vincere il duello”.
Come ha fatto?
“La mia famiglia mi ha aiutato ad ambientarmi e ha contribuito la nascita di mia figlia Asia che ha 7 mesi. Mi ha motivato ed è una responsabilità in più”.
Credit: CRK Genk
Sui social la chiamano Latrula o La Maquina: perché questi soprannomi?
“Latrula non ha un significato, ma si tratta di una parola inventata dai miei cugini. La Maquina è un soprannome dei tempi del calcio a 5 perché ero quello che faceva la differenza”.
Sul suo corpo ci sono diversi tatuaggi: ne ha qualcuno con un significato particolare?
“Ho il nome di mia figlia sul collo, sul petto quello di mia madre e sulla costola quello di mio padre con la frase che dice che mi sorride dal cielo”.
Suo padre è scomparso nel 2017. Quanto è stato difficile superare quel momento?
“Lui è il mio idolo e la sua morte è stata un colpo durissimo, c’è sempre stato per me: mi accompagnava agli allenamenti, mi dava consigli e sono riuscito a superare quel momento grazie al calcio. Ho realizzato il suo sogno di giocare in Primera e ora in Europa. Quando ho segnato il primo gol con l’Argentinos Juniors contro il Newell’s ho esultato con una maglietta dedicata a lui. Glielo dovevo per tutto quello che ha fatto per me. Poi c’è mia mamma che è una guerriera perché ha fatto per 2. Mi ha sempre dato forza. I primi soldi guadagnati li ho condivisi con la mia ragazza e la mia famiglia, e quando lo scorso anno mi sono trasferito qui ho passato tante notti a piangere perché mi mancavano”.
Suo padre è il suo idolo, in campo a chi si ispira?
“A Leandro Paredes ed Enzo Fernandez”.
Quali sono i suoi obiettivi e i suoi sogni per il futuro?
“Nel breve termine spero di poter vincere un trofeo con il Genk, poi voglio giocare in una big, che sia del campionato spagnolo o anche italiano. Spero un giorno di riuscirci e di proseguire su questa strada”.