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Francesca Fioretti: “Io, Davide e Vittoria. I nostri sogni e il dolore. Vado avanti per mia figlia”

Parla per la prima volta la compagna di Astori, in un’intervista di Walter Veltroni. Il ricordo di Davide, la forza di andare avanti per la figlia.

Bella e toccante intervista sulle pagine del Corriere della Sera a Francesca Fioretti, compagna di Davide Astori. Francesca parla per la prima volta da quel maledetto 4 marzo. “Il 5 Marzo io ho accompagnato mia figlia a scuola e sono andata dalla psicologa dell’infanzia. La vita con Vittoria è stata dura, non le ha concesso neanche la meraviglia dei giorni insieme che Davide ed io abbiamo vissuto. Io so che non devo vivere il mio dolore attraverso di lei, non devo apparire triste né disperata. La sua serenità dipende dalla mia. Davide, per quanto mi possa far soffrire, non deve diventare un tabù, qualcosa da nascondere, un vuoto da non pronunciare. Lei ha capito che lui non tornerà, ma lo abbiamo collocato in un luogo immaginario in cui è felice”.

VUOTO. “Non ci dobbiamo far inghiottire da questo vuoto. Non so cosa mi abbia dato la forza di trovare la lucidità con cui ho subito affrontato la mia unica priorità: mia figlia. Soffocavo il dolore in modo che l’armonia che c’è sempre stata tra noi tre potesse rivivere, anche se purtroppo lui non ci sarebbe più stato. Per questo ho accompagnato mia figlia a scuola, mantenendo la routine quotidiana di sempre. Nemmeno la cosa più tragica che poteva mai accadermi doveva destabilizzare lei quanto aveva annientato me. Le mie lacrime ci saranno, e le condividerò con lei, ma dovrò fare in modo che lei comprenda che sono lacrime non di disperazione. Sono lacrime di emozione, quell’emozione che solo i ricordi più belli possono creare“.

SCATOLA NUMERATA. “Lì ci sono tutte le nostre chat del primo periodo. Non ho la più pallida idea del perché un giorno io mi sia messa a stampare tutte le chat dell’inizio della nostra storia. Oggi, se penso che mia figlia da grande potrà leggere i messaggi con le tecniche di seduzione del papà, mi viene da sorridere. Così è iniziato il nostro amore. Poi passò dal Cagliari alla Roma. Nel suo costante programmare aveva già deciso che io mi sarei trasferita con lui a Roma in via definitiva. Sapeva degli studi di recitazione che stavo facendo nella capitale, ma sapeva anche che, per lavoro, volevo tenere il mio appoggio a Milano. Alla fine ha vinto lui. Eravamo diversi e complementari. La sua vita era regolare, come una linea orizzontale. La mia era rapsodica, cadute e risalite, nel lavoro come nell’umore. La nostra passione erano i viaggi. Siamo andati in India, in Nepal, in Perù, in Giappone. Andavamo come due adolescenti, treni e autobus, scoperte e meraviglia”.

VITTORIA. “Prima del viaggio in Perù scoprii di essere incinta. Dopo un controllo fatto lì ci dissero che avevamo perso la nostra creatura e invece, tornati a Roma, abbiamo scoperto che non si era mossa, era lì ad aspettarci. Lui allora si convinse che era femmina. “Se è così forte, non può che essere una bambina”. E per questo decidemmo di chiamarla Vittoria”.

DAVIDE UOMO. “Davide era un animo gentile, era un uomo curioso e allegro. Amava l’architettura, leggeva molto e gli piaceva scoprire quello che non sapeva, cercare ciò in cui si sentiva debole. Eravamo felici, davvero. Mi sembrava che la vita mi avesse fatta bella, con lui”.

FELICITA’ A VITTORIA. “Io guardo Vittoria e so che il mio dovere è trasmetterle serenità e felicità, in questo caos. Ogni tanto penso che senza di lei forse avrei potuto gestire più facilmente il mio dolore. Sarei andata lontano, dove nulla mi riportava nel gorgo. L’amore di mia figlia è l’unica cosa più forte del mio dolore. Così deve essere. Devo riuscirci”.

RIPARTIRE. “Ora la mia vita deve ricominciare. Ce la metterò tutta. Di una cosa sola sono certa. Di avere reso felice Davide nel tempo che abbiamo vissuto insieme. Nei momenti di sconforto penso che il destino con noi sia stato davvero ingiusto, ma sono disposta a sostenere il peso del dolore perché se non avessi incontrato Davide non ci sarebbe stata la gioia del nostro amore che ha reso possibile che lui si realizzasse e completasse come uomo e come padre. Se ne è andato, ma era nel momento più pieno e felice della sua vita, e se il mio dolore deve essere il pegno da pagare per questo, lo potrò sopportare per sempre”.

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