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Il blog di Ludwigzaller

Il blog di Ludwigzaller: Forma e sostanza

La notizia che il City scaricava il portiere titolare Joe Hart ha suscitato inizialmente sorpresa. Hart era considerato un portiere affidabile, benché controverso, ma Guardiola lo ha lasciato per ben tre partite in panchina. Subito dopo il City ha ingaggiato Bravo del Barcellona e Hart è stato venduto a Torino. Cosa era accaduto? Secondo un giornale inglese Guardiola aveva espresso “the need to play with a goalkeeper comfortable in possession who can distribute the ball from the back and act as an auxiliary outfield player” (“la necessità di giocare con un portiere affidabile nella fase di possesso e che sappia distribuire la palla ed agire come una sorta di giocatore aggiunto”). Scelta interessante, che può apparire eretica ed eccessiva, ma che chiarisce bene quale sia il peso dello stile di gioco nel calcio di oggi. Per Guardiola il portiere è un giocatore in più, che partecipa alla manovra e gioca la palla coi piedi come se fosse un giocatore aggiunto. Il goalkeeper può essere abilissimo tra i pali, ma se non possiede certe qualità aggiuntive rischia di essere fatto fuori.

Da un punto di vista filosofico, si potrebbe dire che nel calcio attuale la materia rappresentata dai pedatori non acquista senso se non calata nelle categorie dell’idea tattica. Le qualità tecniche restano fondamentali, ma solo in quanto soddisfano le necessità strategiche. La predisposizione naturale del giocatore conta meno di quanto conti l’adesione al modello. Certo, almeno in una certa misura, i giocatori si possono adattare, cambiare. Ma se la trasformazione non riesce non rimane loro che cambiare aria.

Queste considerazioni servono a capire la fortuna e la sfortuna di molti giocatori passati da Firenze negli ultimi anni. A Firenze Montella ha ripreso deliberatamente molti aspetti del calcio di Guardiola; anche Sousa ha in mente una idea tattica precisa a cui i giocatori si debbono adeguare. Nella ricerca di un centrale di difesa che svolgesse le funzioni demandate anche al portiere, Montella ha incontrato sulla sua strada Gonzalo Rodriguez, un giocatore che gli garantiva partecipazione al gioco, a centrocampo ed anche in attacco, capacità di giocare la palla con rapidità ed intuito, per far ripartire la manovra. Pur non avendo le caratteristiche del marcatore puro e manifestando qualche incertezza quando si tratta di giocare in area, Gonzalo era un giocatore prezioso per Montella, difficilmente sostituibile. E tale è rimasto anche per Sousa. Solo partendo da queste premesse si capisce come mai, nonostante certe critiche, Gonzalo sia rimasto costantemente al centro del progetto della Fiorentina. Eccellente centravanti di area, capace di intercettare i cross provenienti dall’out, Mario Gomez era invece fondamentalmente inadatto al gioco di Montella, che al centravanti chiedeva un’altra posizione ed altri movimenti, oltre che un diverso bagaglio tecnico. Montella aveva bisogno di due esterni alti capaci di scardinare le difese avversarie con la tecnica individuale e saltando l’uomo. A questo scopo si avvalse di due giocatori come Cuadrado e Ljajic, che fino a quel momento nella loro carriera non avevano ancora una identità definita. Nella idea tattica di Sousa i due esterni alti debbono essere disposti invece ad un lavoro difensivo impegnativo. Sousa ha adattato Bernardeschi a questo compito, che chiede anche a Tello. E viceversa ha bocciato sia Ljajic che Toledo perché convinto che non fossero in grado di difendere.

Il complesso rapporto tra forma e materia ci mette in guardia dal valutare le prestazioni dei giocatori come se fossero soli in campo e non si muovessero, invece, all’interno di una macchina calcistica dai movimenti collettivi uniformi e studiati. Il calcio non è il tennis.

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