In tantissimi davanti agli otto maxischermi piazzati in città. La gioia iniziale, poi il ritorno a casa a testa bassa
Per chi ci crede, scrive il Corriere Fiorentino, il segnale era arrivato a metà pomeriggio. Un acquazzone violento, come a voler spegnere le fiamme di passione che bruciavano nel cuore di migliaia di persone. È stato allora che i più pessimisti hanno iniziato a fiutare l’aria. Preoccupati per cosa sarebbe successo davanti agli otto maxischermi allestiti in città e convinti (appunto) che quel diluvio fosse una specie di messaggio. Pensieri di un attimo, comunque, prima di immergersi nella partita. Tifo, cori, bandiere e bandieroni, sciarpe e fumogeni. Come se Firenze fosse un unico, enorme, Artemio Franchi.
Uno «stadio diffuso» mentre in città regnava un silenzio irreale come per una finale di Coppa del Mondo, perché in fondo da queste parti un trofeo viola vale anche di più di uno conquistato dagli azzurri. Un abbraccio collettivo sperando di poter interrompere un digiuno lungo ventidue, interminabili anni. Un’attesa infinita, tanto che ieri migliaia di bambini speravano di poter finalmente toccare con mano quello che avevano soltanto sentito dire. I caroselli, i 40.000 del ‘96 che accolsero Bati, Rui e gli altri eroi di Bergamo.
Farsi un giro nei supermercati voleva dire incontrare decine e decine di persone impegnate a riempire i carrelli per la pizza davanti alla tv organizzata con gli amici. Uscire per strada, col passare delle ore, significava veder crescere pian piano il fiume di gente che si era data appuntamento davanti ad uno dei maxischermi. Aperitivi, cene. Tutti insieme, come non succedeva da un pezzo. E poi i cori, la speranza.
Dal momento del calcio d’inizio, solo tifo diventato un boato dopo il gol illusorio di Nico Gonzalez dopo solo due minuti di gioco. Stretti. Strettissimi. Alle Cascine, sul lungarno, sui viali, mentre le porte storiche della città s’illuminavano di viola. Il resto, è il racconto di come la voglia di esserci si sia trasformata nella volontà di tornarsene a casa il prima possibile. Un’altra volta. Un altro colpo nello stomaco. Nove anni dopo. Dal Napoli, all’Inter. Poteva essere l’occasione per cancellare quel ricordo. È diventata «soltanto» tristezza che si somma a tristezza.
L’arbitro Irrati fischia la fine. Le piazze si svuotano. Si sparecchiano i tavolini, si spazzano via in silenzio le tracce della festa mancata. Si spengono le luci e, oggi, Firenze si risveglierà triste. Certo. Sullo sfondo c’è Praga e, allora, tutto ricomincerà. Adesso però, quello è un pensiero lontano. Adesso ci sono solo lacrime, e silenzio.
Di
Redazione LaViola.it