Barone e Commisso continuano la loro ‘svolta comunicativa’. L’ambizione è tornare subito in Europa con la voglia di fare del club viola un’eccellenza
Lontani i tempi in cui la Fiorentina veniva messa sullo stesso piano di realtà storicamente inferiori. Quando venivano fatti i paragoni con le spese e gli introiti di altri club come Torino, Sassuolo o Atalanta. Con tutto il rispetto del mondo, sia chiaro. L’ambizione è enorme per la nuova proprietà della Fiorentina. Che non sta facendo niente per nascondersi.
TAPPE, FRECCIATE, MESSAGGI. Rocco Commisso lo ha sempre detto. Forse a volte anche sparando alto come quella voglia dichiarata di voler puntare allo scudetto entro qualche anno e di voler vincere subito qualcosa. Ma a differenza di altri, agli slogan, ha fatto seguire i fatti. In fondo anche Pantaleo Corvino al suo ritorno a Firenze disse: “sono tornato perché voglio vincere”, salvo poi, pochi mesi dopo, smobilitare la rosa tagliando tutto quello che c’era da tagliare. Su input, ovviamente, della vecchia proprietà. Non è un caso se la prima battaglia da affrontare per Rocco e Joe sia stata quella legata a Federico Chiesa. Perché il suo cartellino era già in odore di cessione da parte di chi prima gestiva la Fiorentina. Mentre con Commisso e Barone il messaggio era chiaro: resta qua. E con l’arrivo di Ribery, oltre all’impennata del monte ingaggi, sono arrivati altri fatti. Poi i risultati non sono arrivati, fin qui, anche a causa di mille vicissitudini e qualche errore di troppo, ma le prospettive sono positive e degne di apprezzamento.
SVOLTA. Una vera e propria inversione di tendenza, da subito, fin da quando Daniele Pradé disse: “Non dobbiamo fare per forza plusvalenze”. Come a dire, la priorità è tornare a parlare di calcio, dove si può sbagliare, perché non è scienza esatta, ma lo si fa con valutazioni tecniche e non solo economiche (come avveniva prima). E la svolta continua ad essere costante. Chiesa e Castrovilli hanno richieste importanti, le hanno avute, e le avranno. Ma Firenze e la Fiorentina, adesso, sono un’altra cosa.
EPICENTRO, NON TRAMPOLINO. “La Fiorentina deve essere un punto d’approdo, non di partenza”. Joe Barone ha confermato i messaggi arrivati nel corso dei mesi da Commisso e dalla società viola. Che poi erano stati lanciati spesso anche dai Della Valle, salvo poi non trovare riscontri nei fatti. E nel calcio, quando vuoi fare della tua squadra un’eccellenza, lo devi fare anche andando incontro a qualche sacrificio economico, come un rinnovo con un aumento dell’ingaggio, e meno intransigenza economica. Funziona così. Senza dover per forza eccedere in nome di qualche schizofrenica e irrealistica valutazione. Firenze come epicentro del calcio, e non un trampolino da dove poi approdare in altre realtà. Come avvenuto troppo spesso nel recente passato mortificando la storia di una piazza abituata a non sentirsi mediocre.
EUROPA. E tornare subito in Europa è l’obiettivo primario. Investimenti importanti a gennaio come l’acquisto di Amrabat ne sono la testimonianza. Così come la volontà di trattenere tutti i gioielli. Pensando all’oggi, ma anche al domani. Con ambizione e prospettive traducibili in ‘salto di qualità’.
OGGI E DOMANI. Aver investito quasi 70 milioni sul progetto del centro sportivo ne è una riprova. E la battaglia sul nuovo stadio, in principio spenta dalla burocrazia ma che adesso potrebbe riaprirsi con gli sviluppi del post coronavirus, un’altra ancora. Perché aumentare i ricavi è fondamentale per far sì che la Fiorentina, e l’intero calcio italiano, possano crescere. Aver basato il sistema su debiti, diritti tv, plusvalenze e compravendita dei calciatori è stato un errore. Che adesso, dinanzi ad una situazione di emergenza non certo prevedibile, farà collassare realtà che su questo modus operandi si basavano. Qui no, a Firenze non accadrà. Perché la Fiorentina pensa al domani. Lo ha già fatto, con largo anticipo. E dire che ‘il futuro è viola’ non è più utopia.

Di
Gianluca Bigiotti